di Ivan Quaroni
Summer pool, 2024, smalto su tela, cm 120×176
Perché una pittura così minimale, concisa, asciutta, stesa a smalto in colori piatti che evocano le tinture industriali, non rinuncia definitivamente alla rappresentazione figurativa, fermandosi, invece, sulla soglia della pura astrazione? Non sarà proprio quest’affascinante incongruenza a rendere la pittura di Silvia Negrini così seducente?
Colpisce, come, nella sua elegante e fredda sintesi espressiva, i soggetti dei dipinti – principalmente paesaggi, interni o oggetti disposti con metodo in spazi ordinati – risultino sempre riconoscibili, pur nella loro natura diagrammatica. E ancora di più, sorprende che non vi sia, da parte dell’artista, né una volontà narrativa e tantomeno un’adesione emotiva o sentimentale ai temi iconografici trattati.
Larch, 2024, smalto su tavola, cm 30×30
Insomma, la pittura di Silvia Negrini avrebbe tutte le caratteristiche per essere definita “astratta”, almeno nei termini della teoria di Wilhelm Worringer. Nella sua fortunata opera, Abstraktion und Einfühlung (1908)[1], lo storico dell’arte tedesco definiva, infatti, due contrapposte pulsioni artistiche: la prima, che consiste nell’atteggiamento di immedesimazione con le forme organiche, la cosiddetta “empatia” (einfühlung), tipica dell’arte classica e rinascimentale; la seconda che si manifesta, invece, nella tendenza astratta, animata da un sentimento antinaturalistico che tende all’inorganico ed è proprio delle civiltà preclassiche e orientali.
Frozen Lake, 2024, smalto su tavola, cm 30×60
Certo, il procedimento astrattivo di Silvia Negrini non si spinge fino all’adozione di una grammatica aniconica, ma resta nel perimetro di una rappresentazione analogica di oggetti concreti. L’immagine viene, però, schematizzata e compendiata in forme logiche, regolari, accuratamente ripartite sulle liscie superfici delle sue tavole.
“Superficie e rappresentazione”, scriveva Filiberto Menna, “costituiscono quindi i due termini fondamentali di riferimento all’interno dei quali si instaura il discorso specifico della pittura”[2]. Ma tra questi due poli, è soprattutto la superficie a giocare un ruolo fondamentale, “condizionando anche l’altro termine del binomio, che viene così ricondotto nell’ambito di un sistema inteso già in termini di convenzionalismo linguistico”[3].
Vale a dire, nel caso della pittura di Silvia Negrini, che è soprattutto il linguaggio a condizionare la rappresentazione, vincolandola all’interno di una grammatica dominata dal rigore geometrico e prospettico.
Questa attitudine formalista si esprime attraverso un’economia di gesti minimi, con cui l’artista plasma in poligoni e forme schematiche gli oggetti, le architetture e perfino i paesaggi. Lo scopo è di cogliere la sostanza imperturbabile della realtà, la natura non mutevole, e quindi essenziale delle cose. Per questo i dipinti di Negrini sono sempre disabitati, senza tracce di presenza umana. L’artista trasforma, infatti, lo spazio fenomenico in un luogo imperturbabile, rarefatto, anzi densamente spopolato.
Pool, 2024, smalto su tavola, cm 30×60
E, così, non solo stanze, piscine, edifici, cabine nautiche, muri, campi da squash e da golf, ma anche laghi ghiacciati, colline, declivi, pendii, forre e banchise diventano immagini paradigmatiche. Segnali che rimarcano la differenza tra la realtà accidentale, vivida, ma imperfetta, e quella, invece, ideale, archetipica, puramente mentale, che l’artista traduce in pittura.
Another Wall, 2024, smalto su tavola, cm 30×30
Si può dire, parafrasando Filiberto Menna, che la sua arte “passa, quindi, dal piano di una pratica ermeneutica a quello di una pratica semiotica: il significato non è più cercato nella relazione tra i segni e le cose, ma nella correlazione dei segni tra loro”[4]. Non importa, in questo caso, quanto stretto sia il rapporto che la pittura intrattiene con la realtà concreta, quanto il modo in cui quella realtà viene codificata in un sistema linguistico. E la pittura di Negrini è appunto questo, un idioma visivo per esprimere il mondo iperuranio delle idee.
[1] Wilhelm Worringer, Astrazione e empatia. Un contributo alla psicologia dello stile, nuova edizione a cura di Andrea Pinotti, traduzione di Elena De Angeli, Einaudi, Torino, 2008.
[2] Filiberto Menna, La linea analitica dell’arte moderna. Le figure e le icone, Einaudi, Torino, 2001, p. 23.
[3] Ibidem.
[4] Filiberto Menna, Op. Cit., p. 86.
Silvia Negrini. Densamente spopolato
a cura di Ivan Quaroni
20.02.2025 – 29.04.2025
Antonio Colombo artecontemporanea
Via Solferino 44, Milano






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