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Isabella Nazzarri, Viviana Valla. Not Provisional

12 Feb

 

di Ivan Quaroni

Isabella Nazzarri, Sublimazione di una valle, 120x120cm_2161

Isabella Nazzarri, Sublimazione di una valle, 2017, 120x120cm

“Nel corso dell’ultimo anno”, scriveva Raphael Rubinstein nel 2013, “mi sono reso conto sempre più chiaramente di una specie di provvisorietà inerente alla pratica della pittura”.[1] Il critico si riferiva a una serie di artisti, da Raoul de Keyser ad Albert Oehlen, da Christopher Wool a Mary Heilmann e Michael Krebber, “che da tempo producono quadri che hanno l’aria di essere stati buttati giù un po’ casualmente, a mo’ di tentativi, quadri che sembrano non-finiti o che si auto cancellano”.[2] Nella genealogia dei pittori provvisori, Rubinstein includeva perfino Robert Rauschenberg, Martin Kippenberger e David Salle, i quali avrebbero lottato contro il carico di aspettative di un medium “sovraccarico di attese”. La formulazione del concetto di provvisorietà, serviva a introdurre l’idea di una pittura che rifiuta qualità come “virtuosismo”, “composizione” e “stratificazione di significati”, sottraendosi al confronto con la propria tradizione secolare. L’errore di Rubinstein è stato quello di tradurre la provvisorietà in una sorta di velleitarismo rinunciatario, quando invece era una semplice reazione ai detriti e alle macerie storiche su cui era necessario rifondare la pittura, come peraltro avevano fatto negli anni Settanta i Pittori Analitici o Pittori-Pittori.

Il titolo Not Provisional allude propriamente al carattere impegnato e “non provvisorio” di una nuova generazione di astrattisti italiani, di cui fanno parte Isabella Nazzarri e Viviana Valla. In particolare, queste due artiste, differentemente dai provisional painters che rifuggono dal sovraccarico di aspettative legate a un medium antico, accettano di elaborare grammatiche capaci di esprimere il carattere dubitativo, enigmatico e incerto che è all’origine della formazione delle arti visive. Entrambe provano a dare un senso a una pratica già lungamente battuta nel corso del Novecento, quella dell’astrazione, con un approccio che tiene conto delle mutate condizioni storiche, sociali e tecnologiche e che, soprattutto, si oppone col linguaggio aniconico al profluvio mediatico d’immagini.

Mare dentro, acquerello su carta 50x70 cm 2017

Isabella Nazzarri, Mare dentro, 2017, acquerello su carta 50×70 cm

Incentrata su un processo essenzialmente gestuale ed erratico, la pittura di Isabella Nazzarri si coagula in un campionario di forme sorprendenti, caratterizzate da segni dai colori vividi e brillanti che si stagliano su fondi monocromi nelle carte come nelle tele. La luce precipitata nei pigmenti diventa la materia anche delle sue sculture, fatte di resine colorate rinchiuse in ampolle di vetro (Monadi) oppure di poliuretano espanso modellato in modo da evocare le formazioni rocciose e i depositi calcarei presenti in natura. Nonostante l’accentuazione del carattere squisitamente procedurale della sua pratica pittorica, il legame con la natura che caratterizzava i suoi lavori precedenti rimane forte soprattutto nella produzione plastica, spesso allusiva alle complessioni lapidee e minerali.

Senza titolo, Tec. mista su tela, 120x100cm, 2017

Viviana Valla, Senza titolo, 2017, tecnica mista su tela, 120x100cm

È basata sulla stratigrafia di materiali cartacei la ricerca di Viviana Valla, che attraverso il rimaneggiamento di post-it, ritagli di riviste, fogli prestampati, carte argentate di pacchetti di sigarette e molto altro ancora costruisce una pittura intima e diaristica che paradossalmente assume l’aspetto di una composizione geometrica. Tema della sua indagine è il conflitto tra emotività e auto-censura, che si esplica in un continuo bilanciamento tra il metodo accumulativo, di carattere intuitivo, e il rigido controllo esercitato sulle forme spesso ortogonali e cartesiane delle sue composizioni. La scelta dell’artista di usare certi materiali deriva dalla volontà di raccontare il proprio vissuto attraverso l’indagine e il riutilizzo di elementi prosaici che fanno parte della quotidianità.

Smoke and mirrors, tec.mista e collage su tela, 200x180cm, 2017 1

Viviana Valla, Smoke and mirrors, 2017, tecnica mista e collage su tela, 200x180cm

Tanto il metodo erratico di Isabella Nazzarri, fondato sulla fiducia e libertà gestuali e sulla levità cromatica e segnica, quanto quello critico e conflittuale di Viviana Valla, articolato in un dinamico contrasto tra emotività e razionalità, prefigurano l’assunzione di una responsabilità nei confronti del linguaggio pittorico, usato come filtro interpretativo per la costruzione di una Weltanschauung, di una visione del mondo.


Note
[1] Raphael Rubinstein, Pittura provvisoria. Il fascino discreto del non finito, Flash Art n. 308, Febbraio 2013, Politi editore, Milano.
[2] Ivi.


Info

Isabella Nazzarri | Viviana Valla
Not Provisional
A cura di Ivan Quaroni
Centro Luigi Di Sarro
Via Paolo Emilio 28 Roma www.centroluigidisarro.it
8 febbraio – 2 marzo 2018
In collaborazione con Galleria ABC-Arte di Genova

 

 

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Principio di indeterminazione. L’astrazione dopo l’astrazione

1 Lug

di Ivan Quaroni

Da qualche tempo nell’arte italiana si è andata formando una nuova sensibilità aniconica e polisemica che, in discontinuità con i codici dell’astrazione geometrica, informale e analitica del passato, si esprime attraverso una pluralità di medium, dalla pittura alla scultura, fino all’installazione. Nella recente storia dell’arte, il processo astrattivo ha rappresentato spesso un punto d’arrivo, indicativo di un’evoluzione o di una maturazione del linguaggio pittorico. Molti pittori astratti italiani come Alberto Magnelli, Manlio Rho, Arturo Bonfanti e Osvaldo Licini, tanto per fare degli esempi, sono partiti da un approccio realistico per poi giungere a un sistema di segni e figure interiorizzate, più prossime al mondo immateriale delle idee. Tuttavia, il passaggio tra rappresentazione iconica e aniconica si è sempre svolto in quest’ordine e mai all’inverso.

39Giulio Zanet Senza titolo 2016 70x100cm

Giulio Zanet, Senza titolo, 2016

Ciò che caratterizza gli artisti appartenenti alla generazione dei Millennials è, invece, il riconoscimento della fondamentale ambiguità dei linguaggi visivi e, insieme, la definitiva archiviazione della dicotomia tra astrazione e figurazione, considerata come un retaggio del passato. Appare ormai chiaro che oggi queste vecchie classificazioni non sono più funzionali. È forse la conseguenza di un cambiamento strutturale della cultura che riguarda l’insorgere di una nuova coscienza, sempre più ideologicamente a-confessionale. Un’eredità, se vogliamo, dell’epoca postmoderna, che ha contribuito a ridefinire i generi, fluidificandone i confini e favorendo una più libera circolazione degli artisti tra i diversi domini disciplinari. Anche la critica internazionale ha registrato questo cambio di marcia, spingendo autori contemporanei come Tony Godfrey[1] e Bob Nikas[2] a ripensare le vecchie denominazioni e a proporre una visione più elastica delle ricerche pittoriche attuali. Il primo ha coniato, infatti, la definizione di Ambiguous Abstraction, riferita alle indagini di artisti astratti nei cui lavori sopravvivono tracce, seppur labili, di figurazione; il secondo ha esteso la definizione di Hybrid Picture anche alle opere di artisti prevalentemente figurativi (come Jules de Balincourt e Wilhelm Sasnal) che ricorrono spesso a stilizzazioni astratte.

In verità, già Gerhard Richter, con la sua vasta e variegata produzione oscillante tra astrazione e figurazione, aveva dimostrato di considerare la pittura come un corpus unitario, a prescindere dalle differenti accezioni linguistiche. Già nel 1986 il pittore americano Jonathan Lasker era convinto che l’Astrazione fosse morta con i Black Paintings di Frank Stella e che la pittura, da quel momento in avanti, dovesse occuparsi di temi marginali e aleatori come la memoria, la presenza, la materialità, la trascendenza e la mescolanza di arte alta e bassa. Temi poi divenuti tutt’altro che marginali nella post-astrazione dei Millennials plasmati dall’aumento massiccio delle tecnologie informatiche e digitali e interessati ai processi di produzione e di fruizione delle immagini. L’indagine sulla percezione, al centro delle sperimentazioni artistiche dalla fine degli anni Cinquanta, era stata una delle tante conseguenze provocate dalle scoperte nel campo della fisica quantistica, la quale attribuiva all’osservatore il potere di influenzare il risultato degli esperimenti scientifici e, per estensione, la capacità di determinare concretamente la realtà. Tramite il Principio d’indeterminazione le ripercussioni epistemologiche della teoria di Werner Karl Heisemberg si sarebbero fatte sentire anche nel campo delle arti contemporanee con l’avvio di una profonda riflessione sul ruolo dell’osservatore nella costruzione delle immagini.

22Patrick Tabarelli {F} 2016 50x35cm

Patrick Tabarelli, {F}, 2016

Le opere ottiche e cinetiche erano, infatti, pensate come dispositivi interattivi capaci di generare una reazione fisiologica nel riguardante, che in questo modo partecipava attivamente al completamento del significato dell’immagine. In sostanza, gli artisti si consideravano degli scienziati estetici, investiti del compito sociale di mostrare al pubblico il funzionamento dei meccanismi cognitivi. Nell’attuare tale scopo, essi dovettero necessariamente fare un passo indietro rinunciando al principio di autorialità, come avevano fatto gli esponenti del Gruppo N di Padova, che firmavano le opere con la sigla collettiva. A distanza di oltre cinquant’anni da quelle ricerche, al culmine dell’era digitale, l’indagine sul rapporto tra immagine e percezione ha subito un ripensamento o, quantomeno, un’estensione adeguata ai nuovi parametri cognitivi della cosiddetta Y Generation. Per questi giovani, infatti, non è tanto importante stabilire come funzionano i meccanismi della visione, quanto reagire alle mutate condizioni di fruizione delle immagini generate da internet e dalla realtà virtuale, attraverso lo sviluppo di una coscienza critica capace di demarcare i confini tra creazione artistica e produzione a scopo comunicativo, commerciale e ludico.

Ad accomunare gli artisti presenti in questa mostra è innanzitutto l’approccio radicalmente individualista nel considerare l’arte come uno strumento cognitivo e, insieme, come una forma di resistenza ai codici di comunicazione massmediatica e ai sistemi narrativi tradizionali. La scelta dell’astrazione, per alcuni immediata, per altri graduale, risponde quindi a una precisa volontà di recidere ogni legame con i linguaggi pervasivi dei media (non necessariamente con le tecnologie), e di ristabilire un legame primario e generativo con la realtà. Astrarre, termine derivante dal latino ab trahere, significa “distogliere”, “separare”; indica quel tipo di azione mentale che consente di spostare il problema dal piano concreto e immediato della contingenza a quello mediato della riflessione. Astrazione e teoria sono termini analoghi. Entrambi prevedono un distaccamento dalla realtà. Eppure nell’astrazione dei Millennials questo scollamento è solo momentaneo, ha il valore di un’epochè, di una sospensione del giudizio nei confronti della presunta veridicità dei fenomeni e che, tuttavia, quasi mai si traduce in un completo distaccamento dalla realtà.

2Paolo Bini, Grande Rosso, 2013, 200x400, 10, Acrilico su nastro carta, by Claudio Farinelli

Paolo Bini, Grande Rosso, 2013

Paolo Bini, ad esempio, traduce paesaggi fisici (e mentali) in sintagmi cromatici astratti, costruiti secondo l’unità del pixel con una procedura che richiama i processi di scansione di scanner e plotter. L’artista dipinge, infatti, su nastri di carta, che poi monta su tavole, tele o superfici murarie per ottenere immagini contrassegnate da una serrata partizione ritmica e cromatica delle superfici. Attraverso dipinti, installazioni e pitto-sculture, Bini perviene a una personale variante lirica di pattern painting, in cui coesistono il rigore formale del minimalismo e l’urgenza gestuale dell’espressionismo astratto. Questa geometria emozionale, prodotta dalla fusione di costrutti mentali ed entità fenomeniche, attesta la sua pittura sulla sottile soglia percettiva tra il visibile e l’invisibile, nel punto preciso in cui l’atto di osservare la natura si scontra con le inventive distorsioni della coscienza.

14Isabella Nazzarri Sistema Innaturale #38 2016 140x170cm

Isabella Nazzarri, Sistema Innaturale #38, 2016

Fitomorfi e anatomorfi sono i segni pittura di Isabella Nazzarri, che attraverso un alfabeto organico e in continua mutazione esprime sensazioni, memorie, intuizioni altrimenti inafferrabili. L’artista prende spunto dalla struttura classificatoria delle tavole anatomiche e degli erbari per costruire una grammatica di pittogrammi evocativi e fluttuanti, nati da una libera interpretazione delle morfologie naturali. Come nel grande dipinto murale realizzato sul soffitto di una sala della galleria, una sorta di proliferante genesi organica che riecheggia le codificate forme dei suoi Sistemi innaturali, teoria immaginifica di amebe e parameci, batteri e protozoi che paiono strisciati fuori dal brodo primordiale di un pianeta alieno. Anche se non è la fantascienza a influenzare l’immaginario dell’artista, ma piuttosto l’osservazione, tutta interiore, di una pletora di forme archetipiche, simili a quelle della microbiologia terrestre, ma generate nel circuito liquido e mobile dell’immaginazione.

17Matteo Negri L'oro di genova

Matteo Negri, L’oro di Genova, 2016

La ricerca di Matteo Negri si concentra sull’utilizzo di materiali plastici che lavora in modo eclettico, passando dalla pietra alla ceramica, dal metallo alla resina, spesso utilizzando vernici industriali dai colori pop per raggiungere un’immediata efficacia espressiva. La sua variegata produzione ruota attorno alla scissione tra forma e significato e alla creazione di un cortocircuito tra i contenuti estetici e i materiali di volta in volta utilizzati. E’ il caso dei Kamigami Box, grandi scatole dai perimetri irregolari dove le superfici interne di acciaio specchiante riflettono all’infinito le tipiche costruzioni ortogonali ispirate ai lego brick, dando allo spettatore l’impressione di osservare una sterminata fuga di agglomerati urbani. Oltre a un inedito Kamigami, l’artista espone un pezzo di mobilio, una vecchia cassettiera recuperata e trasformata in un espositore per piccole opere, un displayer che il pubblico è invitato a esplorare, sperimentando una singolare forma d’interattività.

25Patrick Tabarelli {F} 2016 50x50cm

Patrick Tabarelli, {F}, 2016

La disamina dei meccanismi di creazione e di fruizione dell’immagine è il tema centrale nel lavoro di Patrick Tabarelli. Le sue opere sono caratterizzate da un’ambiguità formale che induce nello spettatore una sorta d’incertezza percettiva. Nei suoi dipinti, infatti, la superficie appare piatta o percorsa da oscillazioni dinamiche e minimali che contraddicono l’origine gestuale della sua pittura, facendola somigliare a una stampa digitale. Recentemente, la sua ricerca si è concentrata sulla costruzione di drawing machine realizzate con hardware e software artigianali capaci di generare superfici pittoriche che sembrano dipinte a mano e che, quindi, rimarcano ulteriormente l’ambiguità processuale nei rapporti tra uomo e macchina. Attraverso il progetto NORAA (Non Representational Art Automata) Tabarelli suggerisce una ridefinizione dei tradizionali concetti di autorialità e autenticità dell’opera, messi in crisi dai recenti sviluppi nel campo delle tecnologie digitali e dalle nuove possibilità interattive preconizzate dall’informatica ubiqua.

Viviana Valla, 2016, Ride to me #3, 180x180cm, mixed media on canvas

iviana Valla, Ride to me #3,2016

Viviana Valla reinterpreta il linguaggio dell’astrazione geometrica attraverso l’utilizzo di materiali non convenzionali, come carte di recupero, post-it, scotch e frammenti stampe che si riferiscono a una dimensione intima e formano, così, una sorta di enigmatico affastellamento visivo. Tutto ciò che non vediamo, cioè gli interventi pittorici e i collage che l’artista cancella nel processo di stratificazione pittorica costituisce l’ossatura dell’opera. I contenuti formali sedimentati, parzialmente affioranti sulla superficie, mostrano come il suo processo pittorico consista in un progressivo rassetto di elementi caotici, aggiunte e sottrazioni, negazioni e affermazioni. L’artista cerca di tradurre in un linguaggio chiaro e ordinato il magma di pensieri, intuizioni e illuminazioni che accompagnano l’atto creativo. Il risultato è una pittura a percezione lenta, dominata da tinte tenui e delicati passaggi di tonali. Una pittura quasi monocromatica, che raffredda i turbamenti lirici ed emotivi in una grammatica analitica e minimale.

38Giulio Zanet Senza titolo 2016 70x100cm 1

Giulio Zanet, Senza titolo, 2016

Quella di Giulio Zanet è una pittura che afferma l’impossibilità di oggettivare pensieri ed emozioni in un discorso visivo lineare e comprensibile. Nel suo percorso artistico, infatti, il graduale passaggio da una figurazione destrutturata a un’astrazione ibrida e polisemica corrisponde al tentativo di costruire un linguaggio che riflette tutta la vaghezza e l’imprecisione delle esperienze esistenziali. Il ripescaggio dei principali codici della tradizione astratta – dall’analitico all’informale, dall’espressionismo astratto al neo geo – converge verso la definizione di uno stile fondamentalmente mobile e volubile, dove il rigore del pattern si alterna al piacere dell’ornamentazione, la libertà del gesto alla scabra imperfezione del segno, in un’instabile e precaria oscillazione tra norma e trasgressione. Molti dei suoi lavori recenti trascendono la struttura classica del quadro e diventano sagome astratte, frammenti e lacerti di un lessico onnivoro, simile a una texture espansa che invade lo spazio ambientale alterandone, invariabilmente, i contorni percettivi.


[1] Tony Godfrey, Painting Today, Phaidon Press, London, 2014.

[2] Bob Nikas, Painting Abstraction. New Elements in Abstract Painting, Phaidon Press, London, 2009.


Uncertainty Principle

 by Ivan Quaroni

In recent times, Italian art developed a new aniconic and polysemous sensibility expressed through several media, from painting to sculpture and installation, in discontinuity with the codes belonging to geometrical abstraction. In the history of art, the abstract process often represented an arrival point, intended as an evolution or improvement of the pictorial language. Many Italian abstract painters like Alberto Magnelli, Manlio Rho, Arturo Bonfanti and Osvaldo Licini, for instance, started from a realistic approach to then create a system of inner signs and figures closer to the intangible world of ideas. However, the passage from iconic to aniconic representation has always developed in this order and never in the opposite way.

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Installation view: Giulio Zanet

What distinguishes this group of artists belonging to the Millennials generation is the recognition of the basic ambiguity of visual language and, therefore, the final dismissal of the dichotomy between abstraction and representation, a legacy from the past. It is clear that these categorizations are not functional anymore. It might be the consequence of a structural change in culture, regarding the emerging of a new awareness, more and more a-confessional in an ideological way. We may consider it as a legacy of the post-modern period, which helped to redefine genres making them liquid and supporting a free circulation of artist between various artistic fields. International critics testified this change, pushing authors like Tony Godfrey and Bob Nikas to rethink old classifications and introduce new elastic visions on present pictorial researches. Godfrey invented the definition of Ambiguous Abstraction, regarding those works by abstract artists where figurative traces survive in a evanescent way. Nikas expanded the Hybrid Picture definition also to those works by mainly figurative artists (like Jules de Balincourt and Wilhelm Sasnal) showing abstract elements. In reality, Gerhard Richter’s many and various works between abstraction and figuration already proved how painting could be considered as something homogeneous, regardless of its own declinations.

In 1986, the American abstract painter Jonathan Lasker wrote: “I’m seeking subject matter, not abstraction.” Lasker thought Abstraction was dead with Frank Stella’s Black Paintings, so he imagined painting as representing marginal topics like memory, presence, matter, transcendence and the mix between high and low art. In addition to these topics, felt as crucial nowadays, the post- abstraction by the Millennials, shaped by the exponential growing of information and digital technology, reflects on the individual’s position during image creation and fruition processes. Studies on perception, at the core of artistic experimentations since the end of the Fifties, were one of the many consequences derived from the discoveries in quantum physics. The observer was given the power to influence the results of scientific experiments and, in an extended way, he could concretely define reality. Through the Uncertainty principle, the epistemological consequences of Werner Karl Heisemberg’s theory would have been received also by contemporary arts, which started then a deep reflection on the observer’s role in the construction of images. Optic and kinetic works were conceived as interactive devices able to create a physiological reaction into the observer, who became an active part in the understanding of the image. Artists considered themselves as aesthetic scientists with the social mission to show the audience how congnitive mechanisms work. To realize their goal, they had to make one step back and give up with the author principle, in the same way as the N Group from Padova did when their works were presented under a collective signature. After fifty years, at the peak of the digital era, studies on the relation between image and perception have reconceived or, at least, extended to the new cognitive standards of the Y generation. These young artists are not interested defining how visual mechanisms work, while they focus on the reactions to the changed fruition conditions to internet and virtual reality images. They developed a critical awareness to distinguish artistic creation from the production of commercial, advertisting and playful images. All the artists present in the exhibition show a radically individualistic approach in considering art as a cognitive tool and as a way to resist to the codes of mass-media communication and traditional storytelling systems. The abstraction choice has been immediate for some and gradual for others. It represents a precise wish to cut any connection with the invasion of media language (and not its technology) to re-establish a primary and creative connection with reality. Abstract comes from the latin expression ab trahere and means “to remove”, “to separate”. It refers to that kind of mental action that moves from the concrete and immediate side of contigency to the one filtered by reflection. Abstraction and theory are comparable terms. They both include detachment from reality, even if in the Millennials’ abstraction is only temporary. It has the same value of an epochè, a suspension of judgment towards the alleged truth of phenomena, which never resolves in a complete detachment from reality.

Paolo Bini, for example, translates physical (and mental) landscapes in abstract chromatic units, based on pixels and scanner or plotter timings. The artist paints on paper strips, then mounted on boards, canvases or walls to create images characterized by a rhythmical and chromatic partition. With paintings, installations and paint-sculptures, Bini builds a lyrical and personal variation of pattern painting, where geometrical precision and gestural urgency of abstract expressionism coexist. This emotional geometry, produced by the fusion between mental structures and phenomenical entities, places his painting style on the the thin border between visible and invisible, on the precise point where the act of observing nature fights with the creative distorsions of awareness.

15Isabella Nazzarri, Sistema Innaturale - Genesi, 2016, 70x50cm, acquarello su carta web1

Isabella Nazzarri, Sistema Innaturale – Genesi, 2016

The pictorial signs by Isabella Nazzarri may be defined as phyto-morphic and anatomorphic. Using an organic and perpetually changing alphabet, she expresses feelings, memories and intuitions incomprehensible in any other way. The artist gets inspiration from the classification of anatomical and herbal tables to build a world of evocative and fluctuating pictograms, obtained through a free interpretation of natural morphologies. Nazzarri realized a big mural painting on the gallery ceiling, a crowded organic genesis echoing the codified forms of her Innatural systems, an imaginative theory of amoebas and parameciums, bacteria and protozoans coming out from the primordial broth of an alien planet. Even if her artistic world is not influenced by science fiction, it represents the inner observation of an overabundance of archetypical forms, similar to terrestrial microbiologies generate by a mobile and liquid imagination.

18Matteo Negri ricordi di una estate

Matteo Negri, ricordi di una estate, 2016

Matteo Negri’s research focuses on plastic substances in an eclectic way, in combination with stone and ceramic, metal and resin, using industrial varnishes to create pop colors for an immediate expressive efficiency. His varied production centers on the division between form and meaning, a short circuit of aesthetic content and substance. This is the case of Kamigami Box, big irregular boxes showing internal surfaces covered with mirroring steel. The surfaces reflect the Lego constructions on the sculpture’s base ad infinitum, giving the impression of a limitless urban settlement. Together with a new Kamigami, the artist shows a piece of furniture, an old chest of drawers transformed in a displayer containing many little works. The visitors are invited to explore it, so they can experience an unusual form of artistic interaction.

The mechanisms of creation and image fruition are at the core of Patrick Tabarelli work. His works drive the observer towards a kind of perceptive uncertainty, thanks to their formal ambiguity. His paintings are made of flat, almost digital surfaces, or are crossed by dynamic and minimal oscillations, in contrast with the gestural origins of his style. Recently, his works focused on the construction of drawing machines, digital hardware and software for the production of surfaces, which look like hand-painted, so the ambiguity between author and work emerges once again. Through his project NORAA (NOn Representational Art Automata), Tabarelli suggests a redefinition of the traditional concepts of author and autenticity of the work, on crisis because of the recent development and the new interactive possibilities introduced by digital and information technologies.

Viviana Valla, 2016, Chromofobia, 180x180cm, mixed media and collage on canvas

Viviana Valla, Chromofobia, 2016

Viviana Valla elaborates the language of geometrical abstraction through unconventional substances, like recovery papers, post-it, tape and fragments of printed images. She invents an intimate dimension with the realization of a mysterious and enigmatic visual diary. All we do not see, such as the pictorial adjustments and the collage erased by the artist during the stratification process, is the skeleton of her work. The settled formal subjects partially emerge from the work’s surface, they are part of a gradual rearrangement of chaotic elements through continuous additions and exclusions, negations and affirmations. The artist translates in a clear and extensive language the gathering of elusive thoughts, immediate ideas and sudden inspirations accompanying the creative act. The final result is a slow perception of soft colors and delicate tones, almost monochromatic painting style, reducing lyrical and emotional distractions in a minimal and analytical world.

Giulio Zanet’s painting style is based on the impossibility of objectifying thoughts ad emotions in a clear and linear system. His artistic career testifies a gradual moving from destructured figuration to a hybrid and polysemous abstraction, his language reflects the vague imprecision of existential experiences. Using the main codes of abstract tradition – analytical, informal, abstract expressionism and neo geo – he defines a basically mobile and uncertain style, alternating the rigour of pattern with the pleasure of decoration, the freedom of gesture with the imperfect disposition of signs on an instable and fragile balance between rules and transgression. Many of his recent works overcome the classic structure of painting and become abstract shapes. They are fragments of an omnivorous language, similar to an expanded texture, invading the envirnommental space to change invariably its own perceptive boundaries.


Info:

Principio di Indeterminazione / Uncertainty Principle
a cura di / curated by Ivan Quaroni

june, 14 – september, 23
ABC-ARTE Contemporary Art Gallery
Via XX Settembre 11A,
16121 Genova – Italia
e-mail: info@abc-arte.com
T. +39 010 86.83.884
F. +39 010 86.31.680

Viviana Valla. Sight Unseen

21 Ott

di Ivan Quaroni

L’intuizione è la percezione dell’invisibile,
così come la percezione è l’intuizione del visibile.
(Nicolás Gómez Dávila)

La ricerca artistica di Viviana Valla è indubbiamente imperniata sulla percezione, anche se in un modo assai diverso, e forse più sottile, rispetto alle sperimentazioni condotte negli anni Sessanta nell’ambito della cosiddetta Arte Ottica e Cinetica. Queste ultime, infatti, consistevano spesso nella creazione di dispositivi estetici, che miravano ad aumentare la consapevolezza del pubblico nei confronti del problema della “visione” ed evidenziavano il ruolo dei meccanismi di percezione cognitiva e sensoriale nell’interpretazione delle immagini. Nel lavoro di Viviana Valla è, piuttosto, il tempo della fruizione a essere importante, perché le sue opere non sono immediatamente decrittabili. Non lo sono, prima di tutto, perché sono costruite con un meccanismo complesso di stratificazione, che procede per aggiunte progressive e rivelatrici sottrazioni, stabilendo un’intricata trama di relazioni segniche, geometriche e materiche tra i diversi livelli di cui è composta l’immagine.

Comes as, 2014, tecnica mista su tela, 30x30cm

Comes as, 2014, tecnica mista su tela, 30x30cm

La procedura è quella delle velature, certo, ma l’accumulo non coinvolge solo le campiture di colore, i segni e le forme, ma anche il collaggio di frammenti di carta velina, post-it, nastri adesivi, ritagli di stampe, a loro volta ricoperti da strati di liquidissimi acrilici. Il risultato è, allo stesso tempo, leggibile e oscuro quel tanto da non rivelare immediatamente che l’immagine finale, un diagramma chiaramente astratto, è la conseguenza di un processo costruttivo elaborato. La percezione lenta è necessaria. Il tempo diventa un fattore sensibile per evitare di trarre conclusioni affrettate e leggere l’opera nello stesso modo con cui leggiamo una qualsiasi immagine, cioè semplicemente come un conglomerato di forme più o meno ordinate su una superficie. Nelle opere di Viviana Valla c’è, invece, una morfologia invisibile, che è parte integrante dell’immagine. Tutto ciò che non vediamo, cioè gli interventi pittorici e i collage che l’artista cancella nel processo di stratificazione, costituisce non solo l’ossatura dell’opera, ma la sua ragion d’essere. I contenuti formali sedimentati e solo parzialmente affioranti sulla superficie dell’opera, fanno parte di un percorso di progressivo rassetto di elementi caotici, tramite un continuo flusso di aggiunte e sottrazioni. Il risultato è un dipinto contrassegnato da micro rilievi che muovono quasi ritmicamente la superficie con impercettibili screziature.

Non è possibile ricostruire la successione degli interventi sulla tela, perché l’artista agisce in maniera erratica, imprevedibile, precisando via via il proprio progetto compositivo. In sostanza, nella ricerca di Viviana Valla, gli elementi progettuali e processuali convergono in una grammatica formale d’impianto apparentemente analitico e minimale, che, in verità, occulta una matrice intuitiva ed emozionale. “Il mio lavoro prende le mosse da un astrattismo geometrico”, afferma l’artista, “attraverso l’utilizzo di materiali atipici, ma anche di segni, collage e materiali di recupero che alludono a una dimensione intimistica, a una sorta di diario che negli anni si è fatto sempre più criptico ed ermetico”. Dietro il nitore e la pulizia formale di questi lavori si annida, infatti, un coagulo di pensieri inafferrabili, di repentine intuizioni, d’improvvise illuminazioni che l’artista tenta di tradurre in una lingua chiara, estensiva, effetto ultimo di un raffreddamento espressivo del magma interiore.

Anche la scelta della scala cromatica, composta prevalentemente da tinte tenui e toni delicati, grazie all’uso di acrilici molto liquidi che producono effetti di trasparenza, testimonia la necessità di attutire la temperie emotiva del processo. Si avverte, insomma, che nella sua ricerca è in atto una sorta di volontaria censura sentimentale, di pudica rimozione dei segnali lirici, che appaiono invece imbrigliati in un reticolo di forme poligonali e di scansioni cartesiane. Lo spazio dell’opera, con i suoi molteplici strati e le sue lievissime asperità epidermiche tende talvolta a sconfinare oltre il perimetro. Soprattutto nelle installazioni, segni, tracce e linee colonizzano porzioni di muro, di pavimento o di soffitto, suggerendo l’idea di una potenziale continuazione o proliferazione ad libitum del vocabolario pittorico dell’artista. Espansione e sottrazione, rimozione e allusione si susseguono costantemente nella pittura di Viviana Valla, innescando un gioco sottilmente seduttivo, che irretisce l’osservatore nel tentativo di intuire il contenuto velato, latente nei simulacri della geometria.

Il titolo della mostra, Sight Unseen (a scatola chiusa) allude propriamente al leitmotiv della recente indagine dell’artista, tutta incentrata sul dualismo tra accumulo e cancellazione, tra stratificazione e occultamento. Di fatto, i dipinti dell’artista in qualche modo somigliano a scatole chiuse. Il loro sigillo, se così si può dire, è di solito una forma bianca, che occlude una parte rilevante della superficie, sigillando, allo stesso tempo, le stratificazioni pittoriche inferiori.

Questi bianchi poligoni sono ottenuti con la sovrapposizione di varie stesure di gesso acrilico in sagome poligonali, ma di recente, tali forme si dissolvono in pennellate o si frammentano in moduli. Il bianco, metafora di cancellazione, sembra ripristinare il vuoto iniziale della tela. Ma, naturalmente, la stesura finale di gesso non ha lo stesso valore del fondo bianco. Tra l’uno e l’altro è avvenuto qualcosa, si è consumata una vicenda, quella dell’artista eternamente in lotta con il proprio linguaggio, impegnato in un corpo a corpo con le proprie facoltà espressive. Come dire, infatti, in pittura ciò che non può essere espresso in parole? E, soprattutto, in che modo è possibile dire qualcosa di così inafferrabile da resistere a ogni forma di linguaggio – e a maggior ragione nella pratica aleatoria della pittura -, come le intuizioni e le epifanie che di tanto in tanto, balenano nella mente dell’artista?

Unadorned frequency#1, 2015, tecnica mista su tela, 70x50cm

Unadorned frequency#1, 2015, tecnica mista su tela, 70x50cm

Forse Viviana Valla è consapevole di tale ineluttabilità, e la trasforma in un tema, in un concetto attorno al quale articolare la propria ricerca. Le sue opere diventano, allora, come le scatole chiuse del titolo, contenitori di sintomi e presagi, di segnali e annunci costantemente negati. E, come nella migliore tradizione aniconica occidentale, la sua pittura astratta finisce per acquisire tutte le qualità di un linguaggio indiziario, ambiguo, disseminato di omissioni. D’altra parte, come pensava Claude Lévi Strauss, “il linguaggio è una forma della ragione umana, con una sua logica interna della quale gli uomini non conoscono nulla”. Alla fine, l’enigma della pittura di Viviana Valla non può che rimandare la sua soluzione all’occhio vigile dell’osservatore o, meglio, alla sua capacità di afferrarne il significato nella forma stessa, il senso nella materia sensibile.

Untitled#1, 2014, tecnica mista su carta, 10,5x15,5cm

Untitled#1, 2014, tecnica mista su carta, 10,5×15,5cm

Info:

Viviana Valla – Sight Unseen

A cura di Ivan Quaroni

ABC-ARTE Contemporary Art Gallery 

ABC-ARTE for MARYLING Piazza Gae Aulenti 1, Milano – Lun – Sab: 9am-9pm
Opening: Mercoledi 28 Ottobre, 6.30pm to 9.30pm

Dal 28 Ottobre al 20 Novembre 2015


ENGLISH TEXT

Sight Unseen

 

By Ivan Quaroni

Intuition is the perception of the invisible,

just as perception is the intuition of the visible.”

(Nicolás Gómez Dávila)

Installation's View

Installation’s View

Viviana Valla’s artistic research is based on perception without doubt. She experiments in a hugely different, and more subtle, way from the Kinetic and Op Art of the Sixties. These artistic movements created attractive devices to make the audience aware of the “vision” problem. They underlined the role of knowledge and senses in the interpretation of images. The time of fruition is rather important in Viviana Valla’s work. Her works are not immediately comprehensible, because they are based on a complex stratification mechanism. Through gradual additions and revealing removals, she establishes an elaborate web of relations of signs, structures and substances between the different layers of the image. This is a glazing process, of course, but here colours, signs and shapes are assembled together with the collage of tissues, post-it, tapes, print-cuts covered by layers of liquid acrylics.

The result is clear and obscure at the same time, it does show the final image, a distinctly abstract diagram as a consequence of a complex productive process. Slow perception is necessary. Time becomes an useful tool to avoid easy conclusions and it helps reading the work in the same way we would read any image. It is a combination of more or less organised shapes on a surface. In Viviana Valla’s work is present an invisible morphology, which is an essential part of the image. All we do not see, such as the pictorial adjustments and the collage erased by the artist during the stratification process, is not only the skeleton of her work, but is also its own raison d’être. The settled formal subjects partially emerge from the work’s surface, they are part of a gradual rearrangement of chaotic elements through continuous additions and exclusions . The result is a painting characterised by micro-relieves rhythmically shaking the surface with slight variegations.

It is not possible to re-trace the sequence of interventions on the canvas. The artist acts in a erratic way, claryfing her project step by step. Basically, the plan and realisation of artistic elements in Viviana Valla’s research are structured through an apparently analytical and minimal system which, actually, hides an intuitive and emotional origin. “My work begins from geometrical abstract art”, says the artist, “I use atypical substances, but also signs, collages and recyclable materials suggesting an intimate dimension, a kind of diary, more cryptic and hermetic throughout the years.” Behind the formal neatness and integrity of these works, there is a gathering of elusive thoughts, immediate ideas and sudden inspirations translated in a clear and extensive language by the artist. The final effect of the expressive cooling of interior fire.

Also the choice of colours, tenuous tints and delicate tones, helps the process of softening the emotional aspect, thanks to the use of very liquid acrylics producing transparency effects. It is possible to feel a kind of ongoing emotional censure, a discrete removal of poetic messages trapped by a net polygonal shapes and Cartesian volumes. The work’s space, because of its various layers and subtle superficial irregularities, sometimes crossovers its own borders. It happens especially with installations. Signs, traces, lines conquer portions of walls, floors and ceilings, suggesting the idea of continuing or increasing ad libitum the pictorial vocabulary of the artist. Expansion and exclusion, removals and allusions follow one another in Viviana Valla’s painting. They activate a slightly seducing game, entrapping the observer who tries to understand the veiled contents through geometrical appearance.

Sweet unrest, 2015, tecnica mista su tela, 120x100cm

Sweet unrest, 2015, tecnica mista su tela, 120x100cm

The title of the exhibition, Sight Unseen, refers to the leitmotiv recently investigated by the artist, the dualism between accumulation and exclusion, stratification and concealing. The paintings do look like a closed box. Their seal is generally a white shape, which hides a relevant part of the surface and, at the same time, it seals the lower pictorial layers. These white polygons are obtained through the addition of various layers of acrylic gesso in polygonal shapes. Recently, these shapes have been dissolved by brush strokes or fragmented in modules. White, as a metaphore of cancellation, looks like bringing back the initial emptiness of the canvas. Of course, the final layer of gesso is not the same as the white background of the beginning. Something happened between one phase and the other. The eternal fight between the artist and her language has taken place, a hand-to-hand examination of her own expressive tools. How can you express through painting what you can’t say through words? How is it possible to say something so elusive that no language can express it – especially in the random pratice of painting -, such as ideas and epiphanies which sometimes appear in the mind of the artist?

Ancient breath,2015, tecnica mista su tela, 70x70cm

Ancient breath,2015, tecnica mista su tela, 70x70cm

Perhaps Viviana Valla is aware of this unavoidability. She may transform it in a subject, in a concept at the base of her research. Her works become so the sight unseen of the title, closed boxes containing warnings, predictions and perpetually denied messages. Like in the best aniconic traditions, her abstract way of painting shows all the properties belonging to an ambiguous language, full of clues and omissions. There again, as proposed by Claude Lévi Strauss, “Language is a form of human reason, which has its internal logic of which man knows nothing.” After all, the enigma of Viviana Valla’s paintings can only find its solutions through the attentive eye of the observer or, even better, through his ability to understand the meaning of shape itself, the sense of sensitive substance.

Info:

Viviana Valla – Sight Unseen

Curated by Ivan Quaroni

ABC-ARTE Contemporary Art Gallery 
ABC-ARTE for MARYLING Piazza Gae Aulenti 1, Milano – Mon – Sun: 9am-9pm
Opening: Wednesday October 28th, 6.30pm to 9.30pm

From Wednesday October 28th  to November 20th 2015

StreetScape4 – l’arte e la città

25 Set

A cura di Chiara Canali e Ivan Quaroni

 

Quarta edizione del progetto pubblico di Street Art e Urban Art

nelle piazze e nei cortili della città di Como

 

10 Artisti invadono la città di Como con sculture e

installazioni urbane in dialogo con gli spazi pubblici della città

 

6 Ottobre – 8 Novembre 2015

 

Martedì 6 Ottobre 2015 ore

Conferenza e presentazione evento al Caffè Teatro di Como

Martedì 6 Ottobre 2015 ore 17

In occasione della Master Class di Franco Bolelli all’Accademia Aldo Galli – IED Como

La quarta edizione di StreetScape, prevista dal 5 Ottobre all’8 Novembre 2015, nell’ambito delle iniziative di comON Art, si sviluppa come una mostra pubblica di Urban Art diffusa nelle piazze e nei cortili della città di Como, a cura di Chiara Canali e Ivan Quaroni, organizzata dall’Associazione Culturale Art Company e dall’Accademia Aldo Galli IED Como con il patrocinio e il supporto del Comune di Como – Assessorato alla Cultura e con la value partnership di Silhouette, azienda leader mondiale nel segmento degli occhiali di alta gamma, e di Reale Mutua Assicurazioni, Agenzia Alighieri di Como.

StreetScape4, che ha potuto realizzarsi anche grazie all’importante sostegno di Intesa Sanpaolo, è un progetto itinerante che intende far riflettere sulle nuove possibilità di interazione tra l’arte contemporanea e il tessuto urbano della città, che per l’occasione ospita l’installazione di opere, interventi e sculture in rapporto con l’estetica dei luoghi.

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StreetScape4

Nelle intenzioni dei curatori e degli organizzatori dell’evento, “StreetScape” deve essere inteso come una vera e propria riconfigurazione del paesaggio urbano per rivitalizzare il patrimonio storico-artistico, architettonico e museale della città con installazioni site-specific di opere che nascono in dialogo con i luoghi più simbolici della città di Como e che sono appositamente pensate per essere installate all’aperto, ossia fuori dai normali circuiti di fruizione delle opere d’arte.

Ogni anno vengono invitati artisti contemporanei affermati ed emergenti del panorama italiano e internazionale, a realizzare progetti artistici espressamente creati per interagire con le piazze e i cortili di palazzi storici, musei, accademie e spazi culturali nel centro storico di Como. Un percorso espositivo, pensato come una mostra diffusa, policentrica, con opere di Urban art, installazioni e sculture, ma anche workshop e incontri sui temi della creatività e dell’evoluzione.

StreetScape4 partecipa alle iniziative della Undicesima Edizione della Giornata del Contemporaneo promossa da AMACI in programma il 10 Ottobre 2015, evento finalizzato a promuovere la diffusione dell’arte contemporanea.

Una delle novità della quarta edizione di StreetScape riguarda il coinvolgimento dell’Accademia Aldo Galli – IED Como, che fa parte del network IED – Istituto Europeo di Design e rappresenta una realtà di eccellenza nel campo dell’Alta Formazione Artistica a livello nazionale e internazionale. Partner di StreetScape fin dalla prima edizione, l’Accademia Aldo Galli ha assunto quest’anno la co-organizzazione dell’evento insieme ad Art Company nella promozione di giovani artisti e nella organizzazione di iniziative culturali. Come afferma il direttore Salvatore AmuraIl primo obiettivo di Accademia di Belle Arti Aldo Galli – IED Como è di valorizzare la cultura del Made In Italy con un focus particolare dedicato all’innovazione nella moda, nelle arti visive e nella conservazione dei Beni Culturali, non solo attraverso collaborazioni con aziende, enti ed istituzioni del territorio per lo sviluppo della creatività e la professionalità di ogni singolo studente, ma anche tramite l’organizzazione e la produzione di eventi che coinvolgono il territorio della città di Como. È naturale che la nostra collaborazione con StreetScape. un progetto che si sposa perfettamente con la mission di Accademia di Belle Arti Aldo Galli e che ha l’obiettivo di valorizzare giovani talenti e artisti”.

Altra novità di quest’anno è la partnership con Silhouette, azienda leader in tutto il mondo nel segmento occhiali di alta gamma, che coniugano il minimalismo essenziale con lo stile della leggerezza, di cui sono ambassador non solo i due curatori, Chiara Canali e Ivan Quaroni, ma anche gli artisti Loredana Galante e Viviana Valla e le new entry Eracle Dartizio e Matteo Negri. Silhouette ha deciso di aderire a StreetScape4 perché ritrova in questo ambizioso progetto artistico molti degli elementi che contraddistinguono la sua stessa visione. Da una parte la vocazione di realizzare occhiali che non siano semplicemente un accessorio, ma che siano rivolti a valorizzare l’unicità della persona. Dall’altra, il processo produttivo ‘artigianalmente innovativo’ proprio di Silhouette che ritrova nella genesi delle dieci opere una metafora perfettamente aderente alla realizzazione dei propri prodotti, innovativi per le linee, il design contemporaneo e l’utilizzo di tecnologie e materiali all’avanguardia, ma anche artigianali perché in gran parte realizzati ancora a mano interamente in Austria con grande amore per il dettaglio. La presenza a StreetScape4 di Silhouette, che sosterrà l’unicità creativa di dieci talenti artistici che si esprimeranno attraverso altrettante installazioni valorizzando per un intero mese il contesto urbano della città di Como, sede della filiale italiana, non fa che confermare la missione di un’azienda che da 50 anni porta avanti una rivoluzionaria filosofia incentrata sui valori.

Riconferma l’adesione a StreetScape4 la compagnia di assicurazioni italiana Reale Mutua Assicurazioni, Agenzia Alighieri di Como, grazie alla lungimiranza di Andrea Rosso e Ivano Pedroni, che per primi hanno creduto in questo progetto artistico e lo supportano dal 2013.

Gli appuntamenti:

StreetScape4 è anticipato lunedi 5 ottobre da un workshop per gli studenti dell’Accademia Aldo Galli – IED Como, condotto da Loredana Galante e intitolato Me lo pOrto, in cui l’artista guida i partecipanti alla creazione di una collezione di abiti e accessori eco-solidali e sistemici. Per essere ecosolidale, infatti, un oggetto deve essere costituito da materiali naturali e riciclabili. L’intento è di riavvicinarsi alla natura e creare un punto di contatto con le attività umane. L’operazione di conservare e includere è, infatti in antitesi a consumare, buttare, escludere, dimenticare. Gli stracci hanno una loro storia e una loro provenienza: trame di vita fra le trame della stoffa.

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L’evento apre ufficialmente martedi 6 ottobre con una conferenza all’Accademia Aldo Galli – IED Como di Franco Bolelli, autore che da sempre si occupa di frontiere avanzate, mondi creativi, nuovi modelli umani, pubblicando numerosi libri – da Viva Tutto!, scritto con Lorenzo Jovanotti (ADD Editore) a Cartesio non balla (Garzanti), da Più mondi: come e perché diventare globali (Baldini e Castoldi) a Si fa così, 171 suggestioni su crescita ed evoluzione, fino al più recente Tutta la verità sull’amore (Sperling & Kupfer), scritto con Manuela Mategazza -, ma anche progettando festival sperimentali e pop, come Frontiere, tra filosofia, rock e nuove tecnologie.

Gli artisti:

Al centro della disseminazione artistica di StreetScape4 c’è l’opera di Emmanuele Panzarini, che occupa il portico del Broletto, uno dei cuori pulsanti della città con un’installazione, realizzata grazie al sostegno tecnico e materiale di Seterie Argenti e di Tabu, con fasce di tessuto colorato e linee di legno che ridisegnano lo spazio di attraversamento tra le colonne di uno dei luoghi di passaggio del centro cittadino. L’opera interviene sulla concezione architettonica del portico, invitando i visitatori a sperimentare una nuova e inedita relazione con lo spazio.

Emmanuele Panzarini

Emmanuele Panzarini

Nel cortile della Pinacoteca civica di Palazzo Volpi, sede della collezione di opere storiche che vanno dal medioevo al XIX secolo, Matteo Negri inserisce Space Dynamics, una grande scultura in ferro e resina in cui le forme del Lego vengono piegate a formare nodi. La ricerca di Negri è caratterizzata da una forte componente ludica e dalla riflessione sugli sviluppi dell’uomo dall’infanzia all’età adulta.

Matteo Negri| Space Dynamics

Matteo Negri

Lo street e tattoo artist Lorenzo Colore Croci interverrà su alcuni elementi urbani per eccellenza, come i bidoni per la raccolta differenziata dell’azienda Aprica, posizionati in Piazza Volta, e li dipingerà a spray seguendo il suo “Mood” espressivo, trasformandoli in vivaci icone del contemporaneo.

Il Chiostrino di Santa Eufemia ospita, invece, l’installazione di Eracle Dartizio, composta di sculture in ferro e cemento che riproducono forme di Meteoriti. Ogni meteorite corrisponde a una buca del terreno di forma analoga ed è elevato alla sommità di un’asta. La riflessione coinvolge anche i concetti di tempo e spazio in un ideale dialogo tra la conformazione del suolo terrestre e i tracciati delle costellazioni celesti.

Eracle Dartizio

Eracle Dartizi

Nel cortile della sede del Comune di Como c’è l’opera di Loredana Galante intitolata I’m very well, una sorta di coloratissimo pozzo dei desideri trasformato in un contenitore per bevande, che invita gli spettatori a un momento di pausa e di condivisione.

Loredana Galante

Loredana Galante

Ludico è anche l’intervento di Francesco De Molfetta, che installa il suo MICHElangelo nel cortile del Museo Archeologico. Per realizzare la sua scultura, esemplare di contaminazione tra citazionismo e cultura pop, l’artista si è ispirato al David di Michelangelo, una delle più celebri sculture del Rinascimento, e alle forme di Bibendum, la nota mascotte dei pneumatici Michelin, creando ironicamente una specie di contro-canone anatomico dell’era consumistica.

Francesco De Molfetta

Francesco De Molfetta

Alludono all’amore dell’infanzia per il gioco i due grandi cavalli a dondolo installati da Anna Turina all’ingresso della Biblioteca Comunale. Alti e apparentemente inutilizzabili, i Dondoli rievocano l’oscillazione che permette di cullarsi e godere della propria immaginazione, un gioco che purtroppo si perde durante la crescita e che viene sostituito dalle necessità stabilizzanti dell’età adulta.

Anna Turina

Anna Turina

 

Le serre dei Giardini di Piazza Martinelli sono occupati da What Remains Resurfacing, un’installazione di Viviana Valla che amplia sviluppa un progetto precedentemente realizzato alla Fondazione Rivoli2 di Milano. Si tratta di un esempio di expanded painting in cui l’artista indaga le possibilità di relazione tra campiture pittoriche astratte, spazio tridimensionale e dimensione pubblica.

Viviana Valla

Viviana Valla

A StreetScape4 quest’anno partecipano anche due studentesse dell’Accademia Aldo Galli – IED Como, Marta Butti e Daniela Sandroni, con due progetti site specific, realizzati appositamente per l’occasione.

Marta Butti realizza un intervento sulla facciata del Liceo Teresa Ciceri, posizionando sei gonfaloni che rappresentano i monumenti simbolo della città di Como: il faro di Brunate, il Duomo, Porta Torre, il Tempio voltiano, la Casa del Fascio e il Monumento ai caduti. Le opere di Marta Butti, realizzate con una tecnica pittorica e digitale, occupano sei finestre della facciata dell’Istituto, presso la sede di via Cesare Cantù 61 e con le loro dimensioni fungono da promemoria per il passante delle eccellenze storiche cittadine.

Marta Butti

Marta Butti

L’installazione di Daniela Sandroni, intitolata Soglia, è posta orizzontalmente sulla soglia dell’entrata dell’Accademia Aldo Galli – IED Como, allo scopo di prelevare, analizzare, indagare la frequenza e la qualità del passaggio delle persone che entrano ed escono dalla scuola. L’opera è composta da una lastra di plexiglas che registrerà il calpestio dei passanti e conserverà traccia del flusso di movimento attraverso segni, crepe e rigature della superficie.

Daniela Sandroni

Daniela Sandroni

Programma eventi:

Lunedì 5 Ottobre 2015 h. 14.30-16.30, Accademia Aldo Galli – IED Como

Me lo pOrto – Workshop di Loredana Galante,

Martedì 6 Ottobre 2015 h. 11.30, Caffè Teatro – Teatro sociale Como

Conferenza Stampa StreetScape 4

Martedi 6 Ottobre 2015 h. 17.00-19.00, Accademia Aldo Galli – IED Como

Master Class di Franco Bolelli

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Elenco Artisti e Location:

  • MATTEO NEGRI >>> Pinacoteca Civica Palazzo Volpi
  • EMMANUELE PANZARINI >>> Portico del Broletto, Piazza Duomo
  • LORENZO COLORE CROCI>>> Piazza Volta
  • ANNA TURINA >>> Cortile della Biblioteca Comunale
  • FRANCESCO DE MOLFETTA >>> Cortile del Museo Archeologico
  • VIVIANA VALLA >>> Serre dei Giardini di Piazza Martinelli
  • LOREDANA GALANTE >>> Cortile del Comune di Como (Palazzo Cernezzi)
  • ERACLE DARTIZIO >>> Chiostrino Artificio
  • MARTA BUTTI >>> Facciata del Liceo Teresa Ciceri
  • DANIELA SANDRONI >>> Accademia Aldo Galli

Viviana Valla. Beyond The White (Spaces)

1 Dic

di Ivan Quaroni

“Confusione è parola inventata per indicare un ordine che non si capisce”
(Henry Miller, Tropico del Capricorno)

Nella teoria estetica di Theodor Adorno, la forma e il contenuto erano considerati identici, due categorie inscindibili. Egli giudicava, tuttavia, che fossero i mezzi formali a costituire l’opera, cioè la configurazione stessa degli elementi. Nel caso della pittura, le linee e i colori. In realtà, il filosofo tedesco esprimeva una posizione in aperta polemica con tutte le forme d’arte in cui il contenuto prevaleva sulla forma – come ad esempio nel Realismo Socialista – perché esse esprimevano una sorta di asservimento dell’arte nei confronti della realtà. Per lui lo statuto fondamentale dell’arte, la sua conditio sine qua non, consisteva, invece, nella sua assoluta autonomia dal mondo della politica, dell’ideologia, della teologia, ma non necessariamente dalla vita. La prevalenza della forma sul contenuto, o quantomeno la loro radicale interdipendenza, tutelava questa indipendenza e garantiva, al contempo, una libertà dalle strutture preordinate della società. “Il compito attuale dell’arte”, sosteneva Adorno, “è di introdurre caos nell’ordine”.[1]

Viviana Valla, Bi-polar, 2014, tec.mista su tela, 30x30cm

Viviana Valla, Bi-polar, 2014, tec.mista su tela, 30x30cm

Per capire la complessa dialettica tra forma e contenuto, Adorno usava la nozione di apparizione. Sosteneva, cioè, che il contenuto fosse sedimentato nel farsi dell’opera, cioè nel suo processo di costruzione formale e che l’opera, così, si offrisse allo sguardo come apparizione, enunciando un contenuto invisibile e immateriale attraverso una forma visibile. Come a dire che le forme artistiche sono rappresentazioni di contenuti che non appartengono alla realtà e che, soprattutto, non sussistono se non in qualità d’apparizioni. Infatti, tolto il “velo” della forma, i contenuti sedimentati in essa finiscono per svanire. Questo preambolo descrive con precisione la natura dell’arte di Viviana Valla, una ricerca eminentemente formale, che adombra contenuti altrimenti inafferrabili. Quali siano, infatti, questi contenuti, non è dato di sapere. Probabilmente attengono a stati emotivi, pensieri fuggevoli, formulazioni inconsce, intuizioni improvvise e provvidenziali epifanie.

Viviana Valla, Cold breeze, 2014, tecnica mista su tela, 30x30cm

Viviana Valla, Cold breeze, 2014, tecnica mista su tela, 30x30cm

Qualche raro, laconico indizio ci arriva dai titoli (da This is the Where a It’s Home e A Melancholy Place), ma il contenuto appare chiaramente sedimentato nel percorso creativo, sepolto nei meandri di una pratica operativa che procede per progressive aggiunte e sottrazioni, affermazioni e negazioni che si stratificano fino a stabilire un differenziale, uno scarto che diventa, infine, la forma finale dell’opera. Un’opera che, a tutta prima, sembra derivare da precedenti astratti analitici e minimali, ma che, in verità, si costruisce innanzitutto attraverso accumuli segnici, gestuali, anche materici, secondo una logica, se così si può dire, di graduale riordino formale. Il suo lavoro, infatti, è l’effetto di un modello esecutivo che perviene all’ordine finale tramite una lenta decantazione di stadi apparentemente caotici, in cui le tecniche e i materiali si affastellano in un alternarsi di aggiunte e decurtazioni. L’artista affianca a una pittura liquida, costruita per velature di acrilici, con apporti di gesso e grafite, collage e decollage di carte, brandelli di scotch, stampe d’immagini prelevate da internet.

Viviana Valla, De-constriction, 2014, Tec.mista su tela, 60x60cm

Viviana Valla, De-constriction, 2014, Tec.mista su tela, 60x60cm

Il procedimento attuato dall’artista intende la pittura come pratica estensiva, ibrida, come disciplina protesa verso una pletora di sconfinamenti non solo formali, ma perfino spaziali. Di fatto, l’annullamento del perimetro fisico del quadro tramite l’espansione dell’immagine sull’adiacente superficie murale – oppure nel caso limite della forma installativa – svolge la funzione di rivelare la molteplicità di livelli della sua pittura, conferendo ad ogni piano una dimensione autonoma.

Valla usa uno stratagemma analitico, per isolare i diversi passaggi del suo processo pittorico, rendendo evidente (e tridimensionale) ciò che, altrimenti, affiora simultaneamente sulla superficie delle sue tele. Il suo è un esperimento che tradisce una necessità comunicativa, un bisogno di chiarificare un’idea di metodo che consiste, appunto, nel produrre un ordine dal caos magmatico della creazione. Per sua stessa ammissione, infatti, Viviana Valla dichiara di ricercare un equilibrio classico, una misura aurea. Misura che, però, non origina da una preconfezionata geometria, da una disposizione analitica di figure euclidee, ma da una lenta, meticolosa strutturazione del disordine. Intendo dire che il modello costruttivo nella ricerca dell’artista, se c’è, è quello delle proliferazioni naturali, delle crescite organiche che obbediscono a un ordine invisibile. Anche se il risultato finale sembra rigoroso, quasi pianificato, l’artista si lascia sovente guidare dall’intuito, concedendo un ampio margine alla possibilità di assecondare errori e deviazioni del percorso.

Viviana Valla, This is th where, 2014, Tecnica mista su tela, 130x160cm

Viviana Valla, This is th where, 2014, Tecnica mista su tela, 130x160cm

Descrivere con precisione la costruzione di una sua tela è quasi impossibile, perché non c’è alcun modo di prevedere l’ordine degli interventi. Basti sapere che la tecnica è, in sostanza, quella delle velature, usata anche dai pittori tradizionali. Con la sola differenza che qui le velature non sono solo di colore, ma includono stratificazioni di post-it, nastri adesivi, carte veline, stampe e perfino coaguli di colore essiccato, secondo un principio di riciclo ecologico (ed etico) dei materiali. Eppure, i dipinti astratti di Viviana Valla possiedono un’impressionante coerenza formale, data dalla reiterazione di elementi tipici del suo vocabolario pittorico, come ad esempio l’uso di una gamma cromatica di tinte neutre o comunque tenui, che annullano le note squillanti dei pigmenti puri, o la presenza, in primo piano, di figure poligonali bianche, che polarizzano la composizione, occultando parzialmente le velature e le stratificazioni del fondo.

Ricorrente, nel suo linguaggio, è anche la consistenza quasi tattile della superficie pittorica, animata da micro rilievi prodotti dai diversi spessori di carte e colori, come pure la profusione di linee rette o diagonali, che sovente segnalano le zone di accumulo o di sottrazione della pasta cromatica. È difficile farsi un’idea chiara del lavoro di Viviana Valla attraverso l’osservazione di una riproduzione fotografica delle sue opere, senza rischiare di perdere quei dettagli che ne costituiscono la specificità.

Viviana Valla, Tropical geometry, 2014, Tec.mista su tela,30x30cm

Viviana Valla, Tropical geometry, 2014, Tec.mista su tela,30x30cm

I suoi dipinti non sono semplici composizioni astratte, costruite sull’accostamento di scansioni modulari e campiture monocrome, ma immagini ben più complesse, che esigono, come notava Arianna Baldoni, “un processo di percezione lenta”.[2] Lo conferma il programmatico titolo dell’installazione What remains, resurfaces (Ciò che resta, riaffiora) che, appunto, suggerisce la necessità di una fruizione dilatata, graduale, che permetta a quelli che Adorno definiva i “contenuti sedimentati” di affiorare in superficie. Anche quando, a dominare la superficie, è uno spazio bianco, allusivo di un’assenza. Uno spazio che rimanda alla dimensione germinale del fondo intonso, immacolato e che, tuttavia, nel medesimo tempo, chiude la composizione come un sigillo, imponendo al rumore di fondo dei pattern stratificati, un definitivo silenzio.

Così, Viviana Valla costruisce una pittura sottilmente vibrante, intrinsecamente ritmica, dove lampeggiano, come sotto l’impulso di una corrente alternata, i sedimenti emotivi e i detriti psichici. Una pittura che, finalmente, grazie a un vigile controllo disciplinare, trova un modo originale e rigoroso di tradurre in forma e colore, in struttura e geometria, il linguaggio aleatorio e inafferrabile dell’inconscio.

Info:

BEYOND THE WHITE (Spaces)
Milano, Rivolidue - via Rivoli 2 (MM Lanza)
18 dicembre – 10 gennaio 2014
Inaugurazione: Giovedi 18 dicembre, ore 18.30
Orari:   dal martedì al venerdì 16.00-19.00; sabato 15.30 -19.30
In tutti gli altri giorni è possibile visitare la Fondazione su appuntamento
Ufficio stampa
Simona Cantoni
cell.3423837100
s.cantoni@rivolidue.org

——————————-

[1] Theodor W. Adorno, Teoria estetica, Einaudi, Torino 1975, p. 105.

[2] Arianna Baldoni, Minimi termini, in Viviana Valla. Minimi termini, catalogo della mostra, 23 maggio – 7 luglio 2012, Galleria Monopoli, Milano.