di Ivan Quaroni
Nel dominio della pittura figurativa contemporanea si assiste a una progressiva ridefinizione del concetto di immagine come soglia. Non si tratta di riportare fedelmente il visibile o di deformarlo in senso espressivo, ma di intercettare nella superficie della rappresentazione una carica latente, una qualità residuale che rimanda a un’origine simbolica. L’immagine, così intesa, non si configura più come una semplice narrazione visiva, ma diventa, piuttosto, il luogo di una sedimentazione psichica che attraversa il soggetto e lo carica di una densità affettiva e formale.
Laura Muolo, Enigma, 2025, olio su tela, 50×50 cm.
La mostra Soviel Schein, soviel sein, che riunisce le ricerche pittoriche di Laura Muolo e Grazia Salierno, si situa esattamente in questo spazio d’azione in cui la figura si offre come dispositivo di affioramento dell’essere, ovvero come forma visibile della sua intensità. L’equazione implicita nel titolo – “Tanta apparenza, tanta realtà” – suggerisce, infatti, che la realtà non si nasconde dietro l’immagine, ma si manifesta attraverso di essa, ossia che forma e sostanza coincidono e che l’essere è già inscritto nella natura fenomenica dell’immagine. Questa formula fu usata da Martin Heidegger in Essere e tempo per spiegare come il fenomeno non sia solo ciò che si manifesta visivamente, ma anche ciò che si dà all’esperienza come enigma, come evento che dischiude l’essere senza mai esaurirlo[1].

Grazia Salierno, Cantare a un oceano, 2024, acquerello su carta cotone, 50×70 cm.
Nel lavoro di Laura Muolo, la figura umana costituisce il perno intorno al quale si organizza un universo iconografico stratificato. Il soggetto, generalmente giovane, si colloca al centro di scenari che uniscono il repertorio favolistico e la logica associativa del sogno a una regia formale che richiama le strategie della messinscena teatrale. La costruzione dell’immagine avviene attraverso una disposizione attentamente calibrata degli elementi visivi: oggetti di uso quotidiano, animali, reperti simbolici, architetture domestiche e presenze vegetali si aggregano attorno alla figura per generare una costellazione di segni che agisce a livello atmosferico. Il quadro diventa, allora, uno spazio di intensificazione affettiva, dove l’equilibrio tra composizione e sospensione produce un effetto di rallentamento percettivo.
Laura Muolo, Sogno ricorrente, 2023, olio su tela, 70×100 cm.
L’osservatore si trova, infatti, davanti a un ambiente mentale governato da una logica simbolica interna. Le opere di Muolo sono spesso costruite attorno a figure raccolte in una quieta concentrazione. L’immobilità dei volti e la fissità degli sguardi che evocano le atmosfere imbambolate della Nuova Oggettività tedesca o del Realismo Magico tra le due Guerre, creano un’atmosfera rarefatta da cui affiora, come in una delicata filigrana, uno stato emotivo profondo, senza bisogno di esplicitarlo.
Laura Muolo, Biancaneve prova la mela magica!, 2025, olio su tela, 80×80 cm.
La sua pittura, realizzata con una tecnica analitica e stratificata, conferisce alla superficie un grado di precisione che contrasta con l’ambiguità semantica della scena rappresentata. Ad esempio, nei dipinti Biancaneve prova la mela magica! (2025), Cappuccetto rosso e il gentil coniglio (2025), Il figliol prodigo (2024) e False identità (2022), la dimensione fiabesca assume una funzione metapittorica, nel senso che i personaggi non si limitano a ricalcare i modelli dell’infanzia archetipica, ma si caricano di una tensione imprevista, che disattiva ogni intento illustrativo. L’ombra, la maschera, il travestimento, il doppio totemico (una sorta di daimon, proiezione zoomorfica della personalità) introducono nell’immagine un elemento perturbante, una specie di vibrazione dissonante che non si lascia tradurre in chiave univoca.
Laura Muolo, Cappuccetto rosso e il gentil coniglio, 2025, olio su tela, 30×40 cm.
Il quadro si struttura come una superficie in cui ogni elemento visivo partecipa a un sistema di relazioni simboliche, senza un centro dominante o una sequenza narrativa precostituita. I segni si distribuiscono secondo un principio di risonanza interna, legati da analogie emotive e accostamenti iconici. In opere come Sogno ricorrente (2023), Lo Svelo (2023) e Volesse il caso (2023), l’immagine diventa ricettacolo di stati d’animo, affioramenti psichici e tracce oniriche. I soggetti ritratti, spesso assorti, sospesi in una condizione liminare tra veglia e sonno, diventano figure di oniromanti, capaci di creare la realtà dalla sostanza sottile dei sogni. Nella ricerca di Muolo, ogni elemento concorre alla costruzione di un’atmosfera percettiva in cui i segni non seguono una logica narrativa, ma si caricano di una tensione allusiva che spinge lo spettatore a completare l’immagine attraverso la propria memoria visiva.
Laura Muolo, Il gioco della lepre, 2023, olio su tela 80×80 cm.
La figurazione di Grazia Salierno segue un tracciato differente. La sua pittura si dispone come un processo di emersione, una dinamica organica che lascia affiorare la figura dal fondo. La materia sembra, infatti, organizzarsi non attraverso un processo di accumulo, ma per tramite un alleggerimento e una rarefazione delle forme. L’artista lavora sulla soglia della figurazione con le tecniche dell’acquerello, dell’olio e dell’acrilico su tela o supporti leggeri come la carta, spesso recuperata o non preparata, scelta in virtù della sua porosità e fragilità.
Grazia Salierno, Centrale elettrica, 2025, acrilico e olio su tela, 79×52 cm.
I soggetti, sia maschili che femminili, emergono sulla superficie per successive approssimazioni, come se fossero il risultato di un lento processo di impressione iconografica, dove ogni tratto è depositato come la traccia di una risonanza formale. Le posture delle figure, spesso raccolte, inclinate o distese, alludono a una condizione interiore difficile da rappresentare attraverso gli strumenti della narrazione lineare. Piuttosto, la pittura di Grazia Salierno organizza lo spazio come un campo fluido, in cui corpi, materia e ambiente si compenetrano senza soluzione di continuità. In molte sue opere come, ad esempio, Atrabile (2025), Corpo svuotato, precipita (2024), Cantare a un oceano (2024), Peter Pan (2025), Passare nel mezzo (2025) o Inodore (2025), il corpo s’imprime sulla superficie della carta come una specie di emulsione liquida.
Grazia Salierno, Gioielli della corona, 2025, acrilico e olio su tela, 78×52 cm.
La figura si colloca, infatti, in una zona di transito, dove la materia pittorica sembra progressivamente liquefarsi. La mancanza di fondali definiti e l’uso di colori tenui contribuiscono a costruire una percezione dilatata, in cui l’immagine si manifesta come presenza tenue, delicata. Il quadro si struttura, allora, come un campo sensibile, attraversato da sottili vibrazioni emotive che irretiscono lo sguardo in una fruizione rallentata. Insomma, le immagini di Salierno sembrano apparizioni transitorie, visioni fantasmatiche che aleggiano, lievi, nel perimetro del quadro.
Grazia Salierno, Peter Pan, 2025, acquerello su carta cotone, 31×41 cm.
Il suo modo di organizzare dell’immagine si fonda su una distribuzione calibrata degli elementi, in cui le aree di vuoto agiscono come spazi attivi, capaci di amplificare la densità emotiva delle figure e di favorirne la risonanza percettiva. In molti suoi lavori recenti, come Centrale elettrica (2025), Shakti (2025), Risveglio dalla quiescenza (2025) e Gioielli della corona (2025), tutti incentrati sulla figura femminile, le anatomie sono scosse da balenanti sussulti, lampi incandescenti e fremiti luminosi che mostrano la natura vibratoria del corpo umano, una forma instabile, pulsante di energia.
Grazia Salierno, Passare nel mezzo, 2025, acquerello su carta cotone, 31×41 cm.
Le figure diventano, così, nuclei sensibili attorno a cui si irradia una tensione emotiva che attraversa l’intero campo visivo. Diversamente, le figure ritornano a una condizione più statica in opere come Umida e capillare (2024), Antheros, fiorito (2024), Tasti per il suono del cappero (2025) e Ghirlanda (2025), dove il colore assume una consistenza quasi trasparente, complice una superficie sensibile e porosa che assorbe la materia pittorica, restituendola allo sguardo sotto forma di delicata impronta. La pittura, qui, obbliga a una visione più concentrata, che consente di cogliere la natura epifanica delle immagini create dall’artista.
Laura Muolo, Lo svelo, 2023, olio su tela, 80×80 cm.
Soviel Schein, soviel sein è, dunque, una mostra in cui la pittura assume un ruolo attivo nella costruzione di una soglia tra il visibile e l’invisibile. Laura Muolo e Grazia Salierno sviluppano due modi diversi di attivare la figurazione come esperienza visionaria. In entrambe le ricerche, la figura non si dà come immagine già codificata, ma come evento percettivo in grado di trasmettere un contenuto psichico, un’energia affettiva, una condizione emotiva.
Grazia Salierno, Shakti, 2025, olio su tela, 52×78 cm.
Muolo usa il repertorio favolistico, talvolta contaminandolo con schegge della società dei consumi, per penetrare la dimensione inconscia dell’individuo. Salierno cerca nella rarefazione di corpi e figure quella dimensione naturale e primigenia che appare irrimediabilmente perduta nella sensibilità odierna. In entrambe le indagini, la pittura non si limita a riprodurre il mondo fenomenico, ma configura uno spazio autonomo, dotato di forma, memoria e presenza, all’interno del quale l’invisibile può manifestarsi e apparenza e realtà possono finalmente coincidere.
[1] “Schein” (apparenza) non significa illusione, ma modalità attraverso cui l’essere può accadere. In questa prospettiva, l’apparenza non è ciò che vela, ma ciò che rende accessibile una dimensione altrimenti inaccessibile dell’essere (“Sein”).
Laura Muolo, L’ammaestratrice di Farfalle, 2025, olio su tela 100×70 cm.
Grazia Salierno, Tasti per il suono del cappero, 2025, acquerello su carta cotone, 31×41 cm


















