Dario Maglionico. Claustrophilia

24 Set

di Ivan Quaroni

“Il cervello ha corridoi che vanno oltre gli spazi materiali.”
(Emily Dickinson)

“Il linguaggio è la casa dell’essere e nella sua dimora abita l’uomo.”
(Martin Heidegger)

La rottura degli schemi tradizionali di rappresentazione, inevitabile portato delle Avanguardie del Novecento, assume oggi un particolare rilievo nelle espressioni figurative, talora condensandosi in una non rara forma di deflagrazione dei rapporti di spazio e tempo. A frantumarsi, nell’ambito della pittura, è soprattutto la linearità narrativa, l’unità del racconto che lascia il campo alla convivenza, a tratti confusa, di una pluralità di episodi, spesso affastellati l’uno sull’altro, convergenti e compresenti in una dimensione destrutturata. La simultaneità di episodi è, tuttavia, il sintomo di un diverso modo di concepire la realtà. L’idea, cioè, che possano convivere, all’interno dello spazio convenzionale della tela, diversi punti di vista, è, in verità, ormai diventata una prassi ampiamente diffusa.

Dario Maglionico, Reificazione #12, oil on canvas, 80 x 120 cm, 2015

Dario Maglionico, Reificazione #12, oil on canvas, 80 x 120 cm, 2015

Per molti pittori contemporanei, e segnatamente per quelli provenienti dall’ex DDR o dai paesi europei che facevano parte del blocco sovietico, la destrutturazione del racconto visivo documenta una reale frantumazione (e poi un tentativo di ricostruzione) del tessuto sociale nel quale sono cresciuti, mentre per gli artisti occidentali, un tempo tutelati dal Patto Atlantico, questo modello di rappresentazione policentrica è una risposta all’affermarsi di un linguaggio visivo banalizzato e deteriorato tanto nella forma quanto nei contenuti. Penso qui, soprattutto all’impoverimento dell’immaginario massmediatico e delle varie forme di comunicazione nella società dei consumi, che ha imposto agli artisti più coscienziosi un necessario ripensamento dei valori formali e dei contenuti della pittura figurativa.

Dario Maglionico, Reificazione #13, oil on canvas, 136 x 105 cm, 2015

Dario Maglionico, Reificazione #13, oil on canvas, 136 x 105 cm, 2015

Che ne siano coscienti o meno, gli artisti oggi sono influenzati da nuovi modelli percettivi della realtà, conseguenti tanto alla diffusione massiccia delle tecnologie digitali, che spesso induce nuovi modelli operativi, quanto alle conquiste nel campo delle scienze derivate dall’applicazione della meccanica quantistica in nuove branche di ricerca. Basti pensare, come spiega il fisico teorico Carlo Rovelli, membro dell’Institut universitaire de France e dell’Académie internationale de philosophie des sciences, che “le equazioni della meccanica quantistica e le loro conseguenze vengono usate quotidianamente da fisici, ingegneri, chimici e biologi nei campi più svariati[1] e inoltre che, senza di esse, buona parte della tecnologia che oggi utilizziamo non esisterebbe.

Nello specifico caso della pittura di Dario Maglionico, la destrutturazione del linguaggio narrativo attraverso la simultaneità di episodi che rompono la continuità del racconto, è il risultato di una riflessione sul concetto di reificazione, termine filosofico, che peraltro dà il titolo a una serie di opere, utilizzato da Karl Marx per descrivere la mercificazione (o riduzione a oggetto) delle persone e del complesso delle loro credenze morali, politiche, culturali e psicologiche. Nei dipinti di Maglionico questa riduzione oggettuale della persona assume i connotati di una traccia mnemonica, un’apparizione sfocata, ma localizzata tra le pareti di un interno domestico. Non è tanto la persona fisica a essere reificata, ma piuttosto il suo residuo psicologico e morale, impresso, anche se in modo aleatorio e fantasmatico, tra le maglie architettoniche dell’unità abitativa.

Dario Maglionico, Reificazione #14, oil on canvas, 90 x 130 cm, 2015

Dario Maglionico, Reificazione #14, oil on canvas, 90 x 130 cm, 2015

Provvisoria e simultanea nelle tele dell’artista è, infatti, la presenza umana, che la casa assorbe come impronta parziale e dinamica di un passaggio, di un attraversamento che sembra imprimersi, come uno strascico, nel mobile tessuto spazio-temporale. Naturalmente, anche l’impianto fisico in cui si muovono (o si muovevano) le figure umane, risulta modificato. Il punto di vista dell’osservatore, nel registrare simultaneamente i diversi momenti dell’azione, subisce lievi alterazioni e così la posizione dei quadri alle pareti, dei mobili, dei complementi d’arredo – ma anche la loro stessa conformazione – diventa instabile, imprecisa, oscillante.Certo si potrebbe affermare, semplicemente, che nella pittura di Dario Maglionico la realtà è il risultato di una creazione arbitraria della mente, la sintesi visiva e opinabile di qualcosa di troppo complesso da descrivere. Tuttavia, la veridicità del suo modello rappresentativo troverebbe facilmente riscontro nelle teorie della fisica moderna, confortata, per esempio, dalla descrizione dei salti quantici nelle particelle subatomiche, il cosiddetto principio di “non località” o dalla scoperta, da Einstein in poi, della natura fondamentalmente illusoria e soggettiva dei concetti di spazio e tempo. In fondo, Maglionico è un pittore realista, anche se il suo realismo non obbedisce più, o non solo, ai principi della fisica newtoniana. D’altro canto, egli sembra interessato a esplorare anche alcuni processi psichici che, come spiegavo altrove[2], possono riferirsi al variegato ambito delle ricerche sul Campo Mentale.

Mi sono reso conto”, afferma, infatti, l’artista, “che i miei sono tutti ritratti di famiglia, in cui i miei genitori, i miei zii, la mia ragazza, costituiscono varianti differenziate della mia identità”. Nel tentativo di individuare le ragioni intime della sua pittura, Maglionico ha riscontrato una similitudine con una forma di psiconevrosi chiamata claustrofilia. La claustrofilia, una tendenza morbosa a vivere in spazi chiusi e appartati, esprime l’esigenza dell’individuo di fondersi con le figure genitoriali, rispondendo a un profondo desiderio di protezione che non assume necessariamente un carattere patologico.

Nei dipinti di Maglionico le figure familiari, con la loro qualità effimera ed evanescente, sono quindi espressioni di un io frazionato, parcellizzato in una pletora di entità esterne. In tal senso, l’interno domestico, contenitore di quelle apparizioni, diventa metafora stessa dell’individuo, un luogo appartato e sicuro, un argine contro le pressioni provenienti dall’esterno o, come scriveva John Ruskin, “il luogo della pace; il rifugio, non soltanto da ogni torto, ma anche da ogni paura, dubbio e discordia”.

Quello che emerge dalla serie delle Reificazioni di Dario Maglionico è, quindi, l’espressione del convergere di una varietà d’istanze: dalle ragioni puramente linguistiche e formali, che riguardano, come dicevo, la necessità di riformulare i parametri della rappresentazione figurativa adeguandola a nuove necessità espressive, fino ai contenuti psicologici ed emotivi, che costituiscono invece l’ossatura tematica e, se vogliamo, motivazionale di questo ciclo di opere. Intendo dire che nella ricerca dell’artista, la sintesi linguistica e la disanima psicologica sono strettamente correlate in un sistema di scambi in cui l’una alimenta l’altra. Il linguaggio espressivo, infatti, può generare i temi, che, a loro volta, possono suscitare nuove soluzioni pittoriche.

Il motivo della claustrofilia, che l’artista ha individuato ex post, cioè solo dopo la realizzazione delle più recenti Reificazioni e, dunque, per effetto di un’analisi a freddo sulle ragioni della propria pittura, diventa ancora più radicale nella serie degli Studi del buio. Sono opere caratterizzate da una forte riduzione cromatica, virata sui toni cupissimi del nero, che lasciano intravedere scorci d’interni silenziosi, luoghi claustrali, appena irrorati da sottili lampi di luce, dove lo spazio fisico dell’unità abitativa diventa un’immagine traslata di quello mentale e, insieme, la metafora sensibile di una discesa negli stati più profondi della coscienza individuale.


Note

[1] Carlo Rovelli, Sette brevi lezioni di fisica, Adelphi, Milano, 2014, p. 29.

[2] Ivan Quaroni, La pittura come campo mentale, in Painting as a Mindfield, a c. di Ivan Quaroni, galleria Area\B, 2014, Milano.


ENGLISH TEXT

Claustrophilia

by Ivan Quaroni

“The brain has corridors surpassing material place.”
(Emily Dickinson)

“Language is the house of being. In its home man dwells.”
(Martin Heidegger)

The breaking of traditional representation schemes, brought inevitably by the Vanguards of the twentieth century, today takes a special significance in figurative expressions. Sometimes, it condenses into a not uncommon form of relations deflagration of space and time. Mainly the narrative linearity shatters, in painting, the story unit that leaves the field to cohabitation, sometimes confused, of a plurality of episodes, often piled one on the other, converging and present together in an unstructured dimension. The simultaneity of episodes is, however, symptom of a different way of conceiving reality. Thus, the idea that, within the conventional space of canvas, different points of view can live together, in truth, has become a widespread practice.

For many contemporary painters, and in particular for those from the former DDR or from European countries that were part of the Soviet bloc, the deconstruction of the visual story documents a real grind (and then an attempt at reconstruction) of the social environment in which they grew up. While Western artists, once protected by the North Atlantic Treaty, this model of polycentric representation is a response to the emergence of a visual language trivialized and degraded both in form and in content. I think here, especially, to the impoverishment of the mass media imaginary and the various forms of communication in the consumer society, which imposed to the most dedicated artists a necessary rethinking of formal values and contents of figurative painting.

Dario Maglionico, Reificazione #10, oil on canvas, 117 x 180 cm, 2015

Dario Maglionico, Reificazione #10, oil on canvas, 117 x 180 cm, 2015

That they are aware or not, artists today are influenced by new models of perception of reality, resulting, on one side, in the massive spread of digital technologies, which often leads to new operational models, on the other side, in the achievements in the field of science derived from the application of quantum mechanics in new branches of research. Just think that, as explained by the theoretical physicist Carlo Rovelli, member of the Institut universitaire de France and of the Académie internationale de philosophie des sciences, the equations of quantum mechanics and their consequences are used daily by physicists, engineers, chemists and biologists in various fields and further that, without them, much of the technology that we use today would not exist.

In the specific case of the painting of Dario Maglionico, the deconstruction of narrative language through the simultaneity of episodes that break the continuity of the story is the result of a reflection on the concept of reification, philosophical term, which also gives its name to a series of works, used by Karl Marx to describe the commodification (or reduction in the subject) of people and the whole of their moral beliefs, political, cultural and psychological.

In Maglionico’s paintings, this object reduction of the person takes the form of a memory trace, blurry apparition, but located within the walls of a home interior. Is not so much the individual to be reified, but rather its psychological and moral remnant, imprinted, although randomly and ghostly, in the architectural mesh of housing unit. Provisional and simultaneous in the paintings of the artist is, in fact, the human presence that the house absorbs as partial and dynamic print of a transition, a crossover that looks to impress, like a train, in the mobile space-time environment. Of course, even the physical plant, in which the human figures move (or moved), is changed. The point of view of the observer, in simultaneously record the different moments of the action, is slightly altered and so the position of the paintings on the walls, the furniture, the furnishings – but also their own shape – become unstable, inaccurate, oscillating.

Of course you could say, simply, that in the Dario Maglionico’s painting the reality is the result of an arbitrary creation of the mind, the visual and questionable synthesis of something too complex to describe. However, the veracity of his representative model would easily be reflected in the theories of modern physics, for example in the description of the quantum leaps in subatomic particles, the so-called principle of “non-places” or the discovery, by Einstein onwards, of the fundamentally illusory and subjective nature of space-time concepts. After all, Maglionico is a realist painter, though his realism does not obey more, or not only, to the principles of Newtonian physics.

On the other hand, he seems interested in exploring even some psychic processes that, as I explained elsewhere, may refer to the varied setting of the researches on Mind Field.

I realized”, the artist, in fact, says, “that mine are all family portraits, where my parents, my uncles, my girlfriend, are different variants of my identity”. In an attempt to identify the intimate reasons of his painting, Maglionico found a similarity with a form of psychoneurosis called claustrophilia. The claustrophilia, a morbid tendency to live in enclosed and secluded spaces, expresses the need of the individual to merge with the parent figures, replying to a deep desire of protection that does not necessarily take a pathological character. In the paintings of Maglionico familiar figures, with their ephemeral and evanescent quality, are then expressions of a self divided, fragmented into a plethora of external entities. In this sense, the home interior, container of those appearances, becomes in itself a metaphor of the individual, a secluded and safe place, a bulwark against the pressures from outside or, as John Ruskin wrote, “the place of Peace; the shelter, not only from all injury, but from all terror, doubt, and division”.

Studio del buio, da buttare, oil on canvas, 40 x 30 cm, 2015

What emerges from the series of Reificazioni by Dario Maglionico is, therefore, expression of the convergence of a variety of instances: from the purely linguistic and formal reasons, concerning, as I said, the need to revise the parameters of the figurative representation adapting it to new expressive needs, to the psychological and emotional contents, which form the thematic and, if you will, motivational backbone of this cycle of works. I mean that in the artist’s research , the linguistic synthesis and psychological close examination are strictly related to an exchange system in which one feeds the other. The expressive language, in fact, can create issues, which, in turn, may give rise to new pictorial solutions.

The reason of the claustrophilia, which the artist has identified ex post, that is only after the realization of the most recent Reificazioni and, therefore, the effect of cold analysis on the reasons of his own painting, becomes even more radical in the series of Studi del buio. These are works characterized by a strong reduction in colour, turning in very dark shades of black, which are showing glimpses of quiet interiors, cloistered places, just sprayed by subtle flashes of light, where the physical space of the housing unit becomes a shifted image of the mental one and, together, the sensitive metaphor of a descent into deeper states of individual consciousness.


Info:

Dario Maglionico. Claustrophilia
a cura di Ivan Quaroni
Riva Artecontemporanea, Via Umberto 32, Lecce
Tel. +39 3337854068
e.mail: danilo@rivaartecontemporanea.it
Openingsabato 10 ottobre 2015
Durata: 10 ottobre – 14 novembre 2015

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