Per Denis Volpiana

11 Gen

di Ivan Quaroni

 

“Nessuno ha mai scritto o dipinto, scolpito, modellato, costruito,
inventato, se non, di fatto, per uscire dall’inferno.”
(Antonin Artaud, Van Gogh, il suicidato della società, 1947)

 

 

IMPRONTE14

Denis Volpiana, Impronta, 2019, resina, acrilico, anilina su tela, 20×30 cm

Cominciamo con un’elisione. Escludiamo intenzionalmente, almeno per un momento, i motivi biografici che sottendono la ricerca di Denis Volpiana e concentriamoci sul dato formale, che è la traduzione visiva del suo vissuto. Insomma, affrontiamo la sua pittura per quello che è: un testo visivo.

L’Informel, fortunata definizione usata da George Mathieu per raggruppare le esperienze che rinunciavano alla rappresentazione in favore di un approccio diretto alla materia, è la tradizione cui si può far risalire il suo linguaggio. Un’eredità che non allude necessariamente alla massa informe della materia pittorica, ma che segnala, piuttosto, il ricorso a procedure “non formali”, come, ad esempio, l’approccio gestuale e l’impiego di materiali extra-artistici di origine organica o industriale. Nella pittura di Denis Volpiana, si avverte subito che la mediazione razionale e intellettuale è volutamente ridotta al minimo, che la distanza tra artista e opera è scorciata per lasciare aperto il campo a una pletora di accadimenti. La pittura si dispiega nell’atto stesso di dipingere quando l’artista rinuncia alla programmazione progettuale, allo studio, al bozzetto, insomma al carattere previsionale della composizione.

Attraverso impronte, tracce, gesti, la pittura diventa un evento, un fatto… qualcosa che non imita esteriormente la vita, ma ne ricalca, semmai, lo svolgimento, il modo cioè, in cui la natura agisce la sua perenne creazione. Sappiamo che l’artista si serve della resina di uso conciario per rendere gli olii e gli acrilici più soggetti ai fenomeni di crettatura e di frantumazione della pellicola pittorica.

Fratture e crepe disegnano un reticolo che altera traumaticamente la regolarità della superfice cromatica, trasformandola in una sorta di registrazione, di traccia mnestica. La frattura può alludere alla condizione esistenziale. In fondo, nella vita tutto si rompe, si usura, si trasforma, muore e poi rinasce sotto altre forme.

ghiacciai raschiati

Denis Volpiana, Ghiacciai raschiati, 2019, resina, acrilico, anilina su arazzo, 191×68 cm.

“La natura è maestra”, si dice, ed è evidente che Denis Volpiana è un suo discepolo perché, osservando i suoi lavori, non vi troviamo nulla di artificiale. Non ci sono allusioni a difficili costrutti mentali, né alcuna di quelle inutili esibizioni d’intelligenza e sofisticazione tipiche di tanta pittura contemporanea. C’è, invece, qualcosa che tutti possono capire e collegare empaticamente col proprio vissuto esperienziale.

Il divenire molteplice delle cose, l’incessante mutare degli stati vitali, la fondamentale fragilità di ogni condizione esistenziale sono questioni che facilmente affiorano nella mente di chi si trovi a osservare un’opera di Denis Volpiana (si tratti di una Frattura oppure di un lavoro della serieRX, composta d’immaginarie radiografie di arti mancanti).

LACERATO

Denis Volpiana, Lacerato, 2019 resina, grasso, anilina su tela, 100×120 cm

Perfino la casualità e l’imprevisto sono elementi sostanziali del suo lavoro, come lo sono della vita di ognuno di noi. Anche se, in questo caso, in accordo con Carl Gustav Jung, io preferisco pensare a questi elementi come eventi simultanei, non del tutto casuali e non del tutto causali. La causalità è, infatti, un dato statistico, almeno quanto la casualità è un indice di fatalismo. Le cose avvengono per una serie di motivi che sfuggono alla nostra capacità di osservazione e soprattutto alla nostra volontà di controllo. Volpiana riesce a rendere comprensibili questi fatti usando la grammatica delle immagini in modo schietto e – mi si consenta di dire – “pulito”.

Io credo che l’arte debba tornare ad essere un’esperienza utile alla nostra evoluzione di esseri umani, che ridiventi un luogo di epifanie e di rivelazioni. Per questo, spero che ci siano in futuro sempre più artisti che, come Denis Volpiana, scelgono di operare su un piano non meramente estetico o sociologico, occupandosi, invece, di questioni vitali e fondamentali che ognuno di noi – presto o tardi – dovrà affrontare.


 

Denis Volpiana – Indelebile
a cura di Silvia Salvati
Fino al 20 gennaio 2020
Fiorillo Arte
Riviera Di Chiaia 23, Napoli

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