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Giacomo Piussi. Camere con vista

25 Giu

di Ivan Quaroni

 

«Un’immagine vuole spezzare i confini che il concetto
aveva tracciato per restringerla e definirla»
(Ernst Jünger)

Donna su divano

Donna su divano

 

“Comunque, è sempre infinitamente più difficile essere semplici che essere complicati”, sosteneva Giovannino Guareschi. Un concetto che appare oltremodo vero quando si osservano i dipinti e i disegni di Giacomo Piussi, così lievi, misurati, composti e insieme così leggibili e godibili da richiamare gli stilemi del fumetto e dell’illustrazione.

Non si può ignorare, infatti, che il disegno abbia un ruolo rilevante in tutta la produzione di Piussi e che il modo in cui l’artista pratica tale esercizio sia sempre stato improntato a una sorprendente chiarezza d’intenzioni.

Se è vero che il disegno è considerato come la prima e veridica proiezione delle idee di un pittore su un foglio di carta (o su un muro), lo strumento rivelatore della sua personalità e della sua capacità di organizzare la linea in forma, e quindi in significato, allora non si può che rilevare la limpida qualità del disegno di Piussi e il suo speciale modo di rendere semplice ciò che è complesso.

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Charles Baudelaire, in occasione della sua visita al Salon parigino del 1846, scriveva che “il disegno è un conflitto tra la natura e l’artista, in cui l’artista può trionfare tanto più agevolmente quanto sa intendere meglio le intenzioni della natura.” Per il poeta dei Fiori del Male“il problema non era quello di copiare, ma di interpretare in una lingua più semplice e luminosa.”[1]

Piussi sembra aver inteso perfettamente il senso di questo conflitto – che è poi lo stesso intuito da Guareschi – ed essere così pervenuto alla formulazione di un linguaggio aureo. Un linguaggio che, nella sua apparente semplicità, non solo riassume e filtra tanti episodi della storia dell’arte, ma aggiunge qualcosa di personale e unico.

Invece di concentrarsi sulla resa ottica, mimetica, Piussi ha sviluppato una grammatica pittorica che coglie sinteticamente la realtà e la rapprende, geometrizzandola in linee essenziali e concise, quasi minimali, che imbrigliano il colore, recingendolo in contorni schietti.

Donna bordo vasca e 2 nuotatori

Donna bordo vasca e 2 nuotatori

Dentro questo suo modo ci sono non solo la lezione dei primitivi italiani e il modello giottesco ripreso dal Carrà di Valori Plastici, ma anche il Novecento di Balthus e Fortunato Depero e molto altro ancora. Tutto, però, è filtrato e opportunamente conformato alle più attuali esigenze espressive. Non c’è alcuna tentazione nostalgica nella pittura di Piussi, nessun cedimento malinconico verso il passato. Semmai c’è la consapevolezza di muovere da una tradizione antica che, come notava Luigi Di Corato[2], va da Wiligelmo a Benedetto Antelami, da Sassetta a Paolo Uccello, passando per Ghiberti e Giovanni Pisano, secondo un itinerario stilistico, insieme aristocratico e austero, che potrebbe virtualmente arrivare fino ad Alex Katz.

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La pittura di Piussi ruota attorno a due ossessioni iconografiche, l’immagine femminile, sublimata e raffinata da ogni accidente fenomenologico, raffreddata in stilemi sobriamente eleganti, e le forme del regno animale, per lo più volatili e quadrupedi le cui anatomie rastremate fanno pensare ai bassorilievi romanici e gotici o alle pagine dei bestiari medievali. Entrambi i soggetti sono calati in uno spazio sommario, quasi astratto, più simile a una proiezione mentale che a un effettivo luogo fisico. Prova ne sono certi ritratti su fondi monocromi, privi di caratterizzazione ambientale, e certe “giungle” che paiono la trascrizione grafica (quasi segnaletica) dei paradeisosdella miniatura persiana.

Eppure, per quanto astratto e stilizzato, lo spazio non è un fattore secondario nella pittura di Piussi. Interni domestici e paesaggi contribuiscono non poco alla formazione del suo immaginario, suggestionato tanto dalla reiterazione di algidi modelli femminili, quanto dalla descrizione di luoghi architettonici e naturali. S’intuisce, infatti, che l’artista concepisce l’arte come una sorta di portale che apre allo spazio illimitato dell’immaginazione.

Piussi cita spesso un racconto di Borges, l’Aleph, prima lettera dell’alfabeto ebraico (e fenicio) che lo scrittore assimila appunto a un’enigmatica soglia. “Un Aleph”, scrive, “è uno dei punti dello spazio che contengono tutti i punti […] il luogo dove si trovano senza confondersi, tutti i luoghi della terra, visti da tutti gli angoli.”[3]

Vasca da bagno

Vasca da bagno

Nelle intenzioni dell’artista, la pittura dovrebbe avere le stesse qualità di un Aleph. Dovrebbe, cioè, essere un’immagine in grado dischiudersi sull’universo abissale del pensiero, moltiplicandosi in una sconfinata varietà di possibilità.

Per Piussi la soglia, il punto d’accesso è, in questo caso, affidato a una suggestione occasionale, se non addirittura incidentale. La visita a una tipica casa versiliese immersa in una pineta a pochi passi dal mare fornisce, infatti, all’artista lo spunto per una meditazione visiva che incarna perfettamente i modi della sua pittura.

Come il giardino dei Finzi-Contini del romanzo di Giorgio Bassani, isola felice che accoglie gli svaghi di una gioventù dorata, mentre nel mondo esterno si promulgano le leggi razziali e ci si accinge a entrare nell’incubo della guerra, la casa versiliese di Piussi è un luogo di sospensione pneumatica, un hortus conclususche non viene lambito dal clamore del mondo.

Partita di tennis

Partita di tennis

L’artista registra mentalmente l’atmosfera placida e meridiana di questa dimora ideale, ricostruendone le stanze con le finestre aperte sul giardino da cui paiono giungere, come un’eco lontana, il frinire intermittente delle cicale e il ritmico palleggio di una partita di tennis. Piussi disegna sui muri della galleria un’ipotetica sequenza d’interni, composta di una teoria di soggiorni, studi, cucine, stanze da letto e sale da bagno che forniscono l’ambientazione più appropriata alle sue visioni pittoriche.

La sua ricostruzione, o forse dovremmo dire la sua pretestuosa “reinvenzione” della dimora estiva borghese, impaginata lungo le pareti dello spazio espositivo in un elegante disegno monocromo blu, quasi alla maniera di una moderna sinopia, diventa lo scenario sul quale si aprono numerosi “affacci”, tanto quelli raffigurati in forma di finestra in ogni stanza, quanto quelli rappresentati dai dipinti che l’artista sovrappone al tracciato grafico, creando così un reticolo d’illusioni e proiezioni molteplici. Ma questa tendenza alla reiterazione si ritrova anche all’interno dei dipinti, non solo nelle figure gemellari di Donna con occhiali da soleo nella carrellata suprematista dei Ritratti Russi(tributo al genio di Malevic), ma anche nelle sequenze dei movimenti delle tenniste o nelle ripetute immagini di uccelli appollaiati sui rami di un albero.

Quelle di Giacomo Piussi – mi è concesso storpiare il titolo di un celebre romanzo di E. M. Forster – sono camere con vista, luoghi che permettono all’osservatore di accedere a una realtà multidimensionale dove lo spazio visivo si moltiplica e colma la distanza che divide la realtà dall’immaginazione, divenendo, come nel racconto di Borges, il multum in parvo, quel punto nascosto nella cantina di Carlos Argentino Daneri che è l’Aleph, squarcio sulle meraviglie del possibile e cornucopia d’infiniti universi.


Note

[1]Charles Baudelaire, Salon del 1846, in Opere, a cura di G. Raboni e G. Montesano, Mondadori, Milano, 2001, p. 205.
[2]Luigi Di Corato, Piussi. L’educazione sentimentale, Bandecchi & Vivaldi, Pontedera, 2002.
[3]Jorge Luis Borges, L’Aleph, Feltrinelli, Milano, 2005, p. 161.


Info

Giacomo Piussi | Camere con vista
a cura di Ivan Quaroni
OPENING  sabato 7 luglio 2018, dalle ore 18.00
Dall’8 luglio al 2 settembre 2018
Orario dal lunedì alla domenica 11-14 / 17-24

Galleria Susanna Orlando
Via Garibaldi, 30 e via Stagio Stagi,12 – Pietrasanta (LU)
T +39 0584 70214
info@galleriasusannaorlando.it
http://www.galleriasusannaorlando.it

PRESS OFFICE Studio Ester Di Leo
Tel. +39 055 223907 M. +39 348 3366205
ufficiostampa@studioesterdileo.it http://www.studioesterdileo.it

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Pino Deodato. Certo, certissimo, anzi probabile

27 Giu

 

di Ivan Quaroni

 

La meraviglia è propria della natura del filosofo;
e la filosofia non si origina altro che dallo stupore.”
(Platone, Teeteto)
 
Pino Deodato, Preciso disegno secondo canoni della sezione aurea (dettaglio 2), 2014, installazione, 3 x 2 mt, Ph Tommaso Riva

Pino Deodato, Preciso disegno secondo canoni della sezione aurea (dettaglio 2), 2014, installazione, 3 x 2 mt, Ph Tommaso Riva

Tra le folgoranti battute e gli acutissimi paradossi di Ennio Flaiano, quello che dà il titolo a questa mostra mi pare gettare una luce adamantina sulla perpetua, pendolare oscillazione tra il dubbio e la certezza. Un’oscillazione che caratterizza l’uomo “contemporaneo” (sempre ammesso che questa categoria esista davvero). Non so se si tratti di una frase umoristica o piuttosto della fotografia esatta di un certo modo d’essere cinici, un modo insieme fermo e gentile, acuto e poetico d’insinuare il dubbio in una visione del mondo, tutto sommato, aperta alle epifanie del meraviglioso e del fantastico. Una visione che, a mio avviso, si attaglia perfettamente a Pino Deodato, artista passato attraverso stagioni di brucianti passioni politiche e che, tuttavia, è riuscito a maturare un punto di vista, almeno in termini linguistici ed estetici, in grado di coniugare scetticismo ed emotività, spirito critico e adesione lirica.

Pino Deodato, La sua tavola ricamata con fiori d'arancio (dettaglio), 2014, installazione, terracotta policroma, 100 x 120 cm, ph Tommaso Riva.

Pino Deodato, La sua tavola ricamata con fiori d’arancio (dettaglio), 2014, installazione, terracotta policroma, 100 x 120 cm, ph Tommaso Riva.

Pino Deodato è un umanista, un alchimista dell’immagine, sempre, infaticabilmente, in transito tra pittura e scultura, tra disegno e installazione, ma anche tra concetto ed emozione. Figlio di diverse epoche – quella militante degli anni Settanta e quella individualista degli Ottanta, quella definitivamente post-ideologica dei Novanta e quella mobile e liquida dei primi lustri del nuovo millennio –, Pino Deodato è una presenza eccentrica nel panorama delle arti contemporanee, una singolarità che ha attraversato le ultime decadi costruendo una propria, originalissima cosmologia lirica, fatta di morbidi paesaggi lunari e vespertine apparizioni, rarefatte presenze e sorprendenti comunioni paniche. Nelle sue opere il mondo appare come un territorio di rivelazioni, un luogo, appunto, epifanico, che l’uomo osserva non solo otticamente, attraverso uno sguardo stupefatto, ma anche cerebralmente, per via di quelle peregrinazioni letterarie e poetiche che, inevitabilmente, costituiscono l’ossatura mitologica delle sue visioni, sovente sospese tra un romanticismo sublime e una mediterraneità misterica e crepuscolare.

Pino Deodato, Le pieghe dei vestiti raccontano la storia (dettaglio 2), 2014, installazione, 3 x 2 mt, Ph Tommaso Riva.

Pino Deodato, Le pieghe dei vestiti raccontano la storia (dettaglio 2), 2014, installazione, 3 x 2 mt, Ph Tommaso Riva.

L’uomo che pensa e osserva, legge e scrive e s’interroga senza sosta sull’essenza intima dei fenomeni, sulla sostanza ultima del creato è, quindi, il fulcro dei viaggi proiettivi di Deodato. È un uomo ora piegato su stesso, come intento a seguire il filo di un pensiero o a dipanare la matassa di un sogno; ora partecipe delle vicende umane, costantemente in cerca di un’utopica pacificazione con le forme naturali. Questo tipo d’uomo, che da qualche tempo abita le opere dell’artista, è una variante laica del San Tommaso apostolo, incarnazione dello spirito scettico che prelude a ogni conversione, del dubbio che precede ogni sbigottimento. Una diade, quella composta dai sentimenti d’incredulità e meraviglia, che pare governare le opere recenti di Deodato, slittando da un polo all’altro con pendolare precisione, quasi si trattasse di estremi complementari, di termini ontologicamente correlati.

Pino Deodato, Ricamo di fumo (particolare), 2014, terracotta policroma, 12 x 16 x 3 cm. Ph Tommaso Riva.

Pino Deodato, Ricamo di fumo (particolare), 2014, terracotta policroma, 12 x 16 x 3 cm. Ph Tommaso Riva.

San Tommaso è, infatti, figura bifronte, che somma in sé l’effige del diffidente, di colui che crede solo all’evidenza dei fatti, e quella del missionario infiammato dalla fede, evangelizzatore di Siria, Mesopotamia e India sud-occidentale. Eppure, il San Tommaso di Deodato è qualcosa di più, l’epitome dell’arte e della poesia e, al contempo, l’allegoria di quell’oscuro scrutare nel fondo carsico dell’esperienza, dove si allignano dubbi e speranze, ma anche folgori e illuminazioni. Alla tensione dubitativa alludono soprattutto opere come Preciso disegno secondo canoni della sezione aurea e Le pieghe dei vestiti raccontano la storia, entrambe dominate dalla nigredo alchemica, iniziale tappa di una discesa negli inferi della ragione.

Nella prima installazione, Tommaso è, infatti, l’uomo che misura il mondo col metro della logica: traccia la perfetta geometria del cerchio, osserva un paesaggio di nera caligine, lo riproduce mimeticamente, salvo poi sedere, afflitto, su un foglio di carta appallottolato. Nella seconda installazione, Tommaso è raffigurato con le dita scetticamente protese verso una ferita ipertrofica, apoteosi e, insieme, tributo del celebre vulnus caravaggesco (Incredulità di San Tommaso, 1600-1601). Con grande abilità di sintesi, Deodato descrive qui le vicende di una sconfitta esistenziale, che sancisce e denuncia le limitazioni del pensiero cartesiano. Ma è solo una tappa del suo pellegrinaggio.

Altrove, l’approccio razionale sembra convivere con quello lirico e intuitivo, come nel caso del dittico intitolato Seduto beve la notizia, dove la lettura e il sogno rappresentano due modi di cercare la verità, l’una incentrata sull’analisi dei fatti e delle loro interpretazioni, l’altra affidata alle immagini oniriche dell’inconscio. Il viaggio, sia esso fisico o astrale, è un tema ricorrente nei lavori di Deodato, spesso disseminati di figure aurorali e apparizioni iridescenti che marcano, come delicate filigrane, il cobalto di un cielo notturno.

Pino Deodato, Fermare il tempo. Silente. Si aprono le porte del paradiso, 2014, installazione, 3 x 2 mt, Ph Tommaso Riva.

Pino Deodato, Fermare il tempo. Silente. Si aprono le porte del paradiso, 2014, installazione, 3 x 2 mt, Ph Tommaso Riva.

Nei lavori più recenti, le volte serotine lasciano il campo a uno spazio più rastremato, quasi monocromo, dove prevale il latteo caolino delle argille entro cui galleggiano i personaggi, tra minuti rilievi d’alberi, magmatici gorghi e aerei nembi. Sembra quasi che Deodato concentri l’attenzione sull’azione, come in un close up cinematografico, tralasciando la descrizione dei luoghi e le ambientazioni favolistiche da Blaue Reiter che caratterizzavano larga parte della sua produzione. Opere come Ho amato un albero e Grande amore mostrano, infatti, una rinnovata sensibilità cromatica, tutta orchestrata su sottili variazioni di superficie e tenui accenti chiaroscurali, che alleggeriscono il racconto, privandolo dei dettagli calligrafici che ancora abbondano negli interni domestici di Tra una carezza e un sorriso, l’universo.

Insomma, Deodato usa un linguaggio più secco ed essenziale, senza mai smarrire quel registro di levità, che è segno distintivo della sua opera. Un’opera spesso permeata da un sentimento di stupore e di quotidiana meraviglia, come nel caso di Portata del vento e Meraviglioso, installazioni giocate su un calibratissimo senso di sospensione, dove uomo e natura paiono fondersi in una ritrovata intimità, fitta di rimandi a una naïveté colta e raffinatissima. In questi lavori, il San Tommaso scettico della prima ora, quello tormentato dal dubbio, lascia il campo al testimone stupefatto, al campione della fede, capace di abbracciare il maelström esistenziale ed elevarsi oltre gli umani affanni, spiccando il volo tra cirri cumuliformi. Eppure, quella cui allude l’artista, non è la fede evangelica e apostolica, e tantomeno quella gnostica. Il suo San Tommaso è, semmai, una figura pretestuosa, una specie di lemma culturale, che serve all’artista per introdurre un sentimento di fede non confessionale, più affine alla magia elementare del folclore popolare.

Pino Deodato, Preciso disegno secondo canoni della sezione aurea (dettaglio 1), 2014, installazione, 3 x 2 mt, Ph Tommaso Riva

Pino Deodato, Preciso disegno secondo canoni della sezione aurea (dettaglio 1), 2014, installazione, 3 x 2 mt, Ph Tommaso Riva

In verità, Deodato descrive con i suoi lavori un percorso di scoperte e rivelazioni, di teofanie solo auspicabilmente collettive – ma più presumibilmente individuali -, che filtrano l’esperienza umana attraverso i codici del linguaggio artistico. I dubbi di Tommaso sono quelli dell’artista, metaforicamente sospeso sull’orlo del precipizio, a un passo dal baratro, forse in attesa di un segno, di una rivelazione musiva; così come la sua meraviglia e il suo stupore sono il viatico per una scelta definitiva, per quel lancio nel vuoto che sempre comporta l’accettazione di una missione, fosse pure quella ben più prosaica dell’arte.

Pino Deodato, Portata dal vento (dettaglio), 2014, installazione, terracotta policroma, 70 x 100 cm, ph Tommaso Riva.

Pino Deodato, Portata dal vento (dettaglio), 2014, installazione, terracotta policroma, 70 x 100 cm, ph Tommaso Riva.

C’è un dipinto del 1984, Il suicidio del pittore, che può essere considerato il progenitore di molte intuizioni successive dell’artista. Mostra un paesaggio all’imbrunire, occupato per metà da un’altissima rupe in penombra, da cui vediamo tuffarsi una piccola figura infuocata. Non sembra, affatto, un suicidio, ma lo spiccare di un volo, dopo un lungo tergiversare. Poco prima, possiamo immaginare quel pittore come il protagonista di Sospeso nel nulla. Trova un precario equilibrio, con le punte dei piedi sull’ultimo margine di roccia o disteso sull’impossibile angolo del dirupo, consapevoli che, nel breve lasso di un battito di ciglia, quell’agognato salto diventerà certo, certissimo, anzi probabile.

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Evento: Certo, Certissimo, anzi probabile.
Artisti: Pino Deodato
A cura di: Ivan Quaroni
Luogo: Galleria Susanna Orlando Studio. Via S.Stagi, 12 Pietrasanta -LU Inaugurazione: Sabato 05 luglio ore 19.00
Durata Mostra: 05 luglio – 27 luglio 2014
Info e comunicazione: v.pardinicomunicazione@gmail.com
Galleria Susanna Orlando. Via Carducci 10 -55042 -LU. 0584 – 83163
Galleria Susanna Orlando Studio. Via S.Stagi 12 -55045 Pietrasanta -LU. 0584-70214