di Ivan Quaroni
Il seme celeste, 2022, terracotta dipinta, 26x18x19 cm
L’arte di Kazumasa Mizokami scaturisce da un impulso intimo e poetico che trova nella terracotta la propria espressione tridimensionale. La sua è una procedura che trasforma il pensiero e il sentimento in una forma concreta che Elena Pontiggia, con formula esatta, definiva una “pittura scolpita”. I suoi lavori sono, infatti, il prodotto di una sorta di meditazione operativa, di un esercizio d’attenzione che impianta l’idea visiva nella materia con la stessa naturalezza di un seme che trova il suo terreno. Il suo gesto è, insieme, plastico e pittorico, perché ogni forma modellata è anche diligentemente dipinta con una sensibilità cromatica unica e riconoscibile, che è divenuta uno dei suoi marchi distintivi.
Il senso della gravità, 2007-2020, terracotta dipinta, 18x18x62 cm
Non solo Kazumasa plasma forme e figure delicatissime, quasi commuoventi nella loro sconcertante semplicità e naturalezza, ma le riveste di colori sognanti, tonalità tenui e sfumature delicate, declinate in morbide gradazioni di pastello. Le iconografie sono varie, ma circoscritte: floreali e vegetali, come nel caso dei suoi ricorrenti Calendari o dei suoi Semi; minerali come certe fantasiose Meteore; aeree, come i curiosi ammassi di nuvole simili a boccioli; e, infine, umane, come quelle dei suoi lirici personaggi, sempre assorti in silenziosa contemplazione oppure stupefatti di fronte al miracolo della natura.
La ragazza che cammina sui fiori, 2006, terracotta dipinta, 35x36x101 cm
Kazumasa modella queste forme trattando l’argilla come una sostanza viva, una materia sensibile e carica di memorie, su cui stende il colore con una delicatezza che ricorda la pittura a tempera. Le tonalità che avvolgono le forme plastiche formano una sorta di campo percettivo in cui la scultura sembra animarsi. Nella produzione di Kazumasa i colori ricoprono un ruolo primario e contribuiscono a creare quell’atmosfera sospesa e rarefatta su cui si fonda la sua grammatica lirica. Opere come Il vento che porta i ricordi (2025),Come stai? (2019) e Ragazza che cammina sui fiori (2006) catturano l’incanto e la stupefazione di momenti quotidiani, trasformandoli in pura elegia.
Il vento che porta i ricordi, 2025, terracotta dipinta, 40x30x48 cm
La natura, che costituisce la principale fonte d’ispirazione dell’artista, non è mai ricalcata in maniera pedissequa, ma è sempre reinventata (e compresa) attraverso il filtro di una sensibilità poetica attenta e rispettosa. Kazumasa immagina un diverso rapporto tra uomo e natura, basato sull’equilibrio e la mutua comprensione. Uomini, donne, fiori, farfalle, gatti… sono tutti parte di un universo ideale, più giusto ed equanime rispetto a quello che abitualmente conosciamo.
L’albero che canta, 2021, terracotta engobbio, 22x24x45 cm
Sembra quasi che, attraverso le sculture, i dipinti, i disegni, l’artista ci suggerisca un diverso modo d’interpretare l’esistenza, più vicino allo sguardo innocente dell’infanzia. Sarà per questo che certe sue invenzioni ricordano talvolta le creazioni dei bambini (come nel caso di certe prove di colore) o evocano un immaginario meraviglioso e fiabesco, abitato da creature magiche come il Albero che canta (2021) e disseminato di fiori che riflettono La luce del tramonto (2013) e riproducono Il rumore del bosco (2015).
Il rumore del bosco, 2015, terracotta dipinta, 21x21x30 cm
Quella di Kazumasa è una natura germinale e virescente, dove proliferano boccioli, corolle, foglie, pistilli, stami e petali di fiori radiali, che talvolta somigliano alle stelle di Nicola De Maria e, più spesso, formano un originale e immaginifico florilegio che non trova riscontro nelle più prosaiche classificazioni botaniche. Kazumasa inventa erbari di terracotta per scandire un tempo interiore, come fa con i suoi ricorrenti Calendari, piccoli giardini da contemplazione, prati mentali che servono a ricordarci la bellezza della vita, più che l’inesorabile trascorrere degli anni. Nei Calendari del 27 di gennaio (2024), 17 di dicembre (2020) o 29 di novembre (2019), l’artista crea una sequenza di fioriture idilliache che infrangono la concezione lineare del tempo, trasformando ogni data nel battito di un ritmo circadiano e naturale, lo stesso che regola le funzioni fisiologiche di tutti gli organismi viventi. Ma non ci sono solo i fiori nell’inventario di Kazumasa. L’artista è autore anche di un bizzarro Index Seminum, una raccolta di sementi, catalogate per cromie – da Il seme arancione (2022) a Il seme celeste (2022) – ed esposte in curiosi cumuli di strutture rastremate e globulari.
Metamorfosi (i capelli di donna), 2013, terracotta dipinta, 28x26x8 cm
La tendenza alla reiterazione e alla ripetizione di forme differenziate è una costante del lavoro di Kazumasa, che spesso crea veri e propri campionari di figure, come fa con le sue immaginifiche meteore, ognuna delle quali è accompagnata dalle annotazioni di tempo ed espressione degli spartiti musicali. Esemplari come La meteora (vivace), La meteora (ardente), La meteora (precipitando), La meteora (andante) e La meteora (mosso) non somigliano per niente a ciò che resta dopo l’impatto atmosferico di un asteroide entrato in collisione con la Terra.
La meteora (vivace), 1993, terracotta dipinta, 12x13x7,5 cm
Certo, come i veri meteoriti sono forme extraterrestri, ma solo nel senso che non hanno un corrispettivo nella morfologia naturale nel nostro pianeta. Lo stesso si può dire di un’altra opera, Blu che imprigiona il tempo (2022), dove la dimensione temporale sembra collassare in un anomalo e vibrante ammasso di materia, la versione estroflessa e International Blue Klein di un buco nero gravitazionale. La notte che cade dalla memoria (2024) è, invece, una riflessione più intima sul tempo e sulla sua inevitabile dissolvenza, che l’artista rappresenta associando i ricordi a una fioritura effimera, alla caducità di bouquet di viole del pensiero, che in nulla somigliano alle piante della famiglia delle violacee.
La 741 forza (vivere), 2007, terracotta dipinta, 45x45x45 cm
D’altra parte, nel mondo di Kazumasa, quasi mai gli elementi e le forze naturali sono coerenti con la realtà. Hanno spesso forme e contorni inaspettati. Sono epifenomeni di universi paralleli che scaturiscono dalla sua immaginazione. Così è per H2O (2018), dove la formula chimica dell’acqua assume la forma di una spirale di fiori blu, qualcosa che solo per analogia possiamo associare a un vortice marino. E così è anche per Metamorfosi (i capelli di una donna), opera del 2013, che fa appello alla capacità dell’osservatore di vedere oltre il visibile e produrre associazioni poetiche, peraltro esplicitamente suggerite dal titolo. Invece, ne Il senso della gravità (2007-2020), troviamo uno dei suoi tipici omini blu (altra forma ricorrente della sua produzione) che regge una lampadina elettrica, allegoria dell’idea, metafora luminosa del pensiero incarnato e, insieme, del principio vitale che anima la materia.
Ragazza rosso vivace, 2013, acrilico su carta, 50×35 cm
In questa costellazione d’immagini, alcune agiscono come nodi simbolici di particolare intensità in cui si condensa tutta la poetica dell’artista. La luce allegra sul viso (2017), ad esempio, è la rappresentazione più limpida della gioia percettiva che attraversa la sua scultura, la scheggia di un mondo in cui la materia sembra risplendere dall’interno, trasformandosi in energia luminosa. In La 741 Forza (2007), titolo che enumera i fori poligonali che percorrono la superficie sferica della scultura, la terracotta assume una maggiore densità, diventa un corpo solido, simile a un geode dalla morfologia regolare.
La magia, 2013, acrilico su carta, 50×35 cm
Il cielo, l’empireo, la volta celeste sono riferimenti costanti nelle sue opere, insieme a tutto ciò che li attraversa. Sono luoghi superni, spazi ulteriori verso cui volgere lo sguardo, come fa l’omino blu di Il cielo (scia di un aereo) (2024), o da cui discendono cirri e nembi di strana foggia. Come succede ne La nuvola in montagna (2025), dove il vapore acqueo si condensa nella forma rarefatta di un quadrupede che bruca sulla cima di una vetta alpestre. O come nel sorprendente ammasso cumuliforme di La nuvola della notte (2019), un agglomerato compatto e irregolare di volumi arrotondati che ricordano la configurazione dei fiori di craspedia globosa. In tutti i lavori di Kazumasa si percepisce la ricerca di un equilibrio tra la percezione del reale e la facoltà immaginativa, tra la verità fenomenologica e la pura invenzione. La magia (2013), ad esempio, è un disegno in cui forme vegetali vere e immaginarie si fondono in un’immagine che trasforma la visione del quotidiano in un’esperienza di meraviglia.
La nuvola in montagna, 2025, terracotta dipinta con polietilene, 23x23x38 cm
Le figure femminili di Donna rosso (2000 e 2007) e di Ragazza rosso vivace (2013) sono, invece, i modelli di un’umanità ideale, che esprime una visione più contemplativa e armonica della natura. Si può perfino pensare al corpus di opere di Pensieri tra le mani come a una specie di percorso poetico e spirituale, un itinerario popolato di presenze silenziose, ognuna delle quali corrisponde a un frammento coscienziale dell’immaginario visivo dell’artista. Un immaginario che inscrive il soggetto umano in un più vasto ordine naturale, un cosmo progredito ed evoluto, finalmente emancipato dalla barbarie.




























