di Ivan Quaroni
La sana abitudine, 2020, tecnica mista su tela, 130×120 cm
Peter Sager, autore di un meticoloso studio sulle declinazioni del Realismo nell’arte contemporanea, scrive che “Non c’è rappresentazione della realtà senza il suo concetto, senza una visione almeno quotidiana di essa, senza l’esperienza e la concezione di tutto ciò che la realtà è per ogni epoca.”[1] I modi in cui oggi vediamo la realtà non sono gli stessi dei pittori realisti francesi dell’Ottocento. A dividere Courbet dall’epoca moderna sono i nuovi strumenti di documentazione del reale: la fotografia, il cinema, la televisione, la cartellonistica pubblicitaria, il web, pratiche, tecniche, dispositivi che hanno radicalmente ridefinito la nostra concezione di realtà. L’odierno pittore realista non cerca più di rappresentare una storia, cioè di dare corpo a una narrazione visiva, ormai dominio quasi esclusivo di altri media, ma usa la pittura per osservare e cogliere l’essenza degli oggetti nella loro apparenza.
Se non ora, quando?, 2022, tecnica mista su tela, 88×110 cm
Philip Rallo appartiene a questa categoria. La sua arte nasce da un gesto lento e disciplinato, da una disponibilità a vedere che restituisce alle immagini il tempo necessario per formarsi. Dai suoi dipinti promana una sensazione di ordine e controllo, una chiarezza costruttiva che suggerisce un rapporto meditato con la forma. Le proporzioni sono calibrate, la luce distribuita con misura, la materia organizzata in modo coerente, come se il quadro nascesse da un progetto interiore fondato sulla precisione. Le superfici pittoriche restituiscono l’idea di una esecuzione meticolosa, fatta di verifiche e ripensamenti, di passaggi successivi che sedimentano nella consistenza del colore e nelle trame segniche dei tessuti. Si può, infatti, capire come la sua pittura sia fondata su una procedura costruttiva paziente, articolata, in cui molto è dovuto all’abilità tecnica e a quello che una volta si chiamava mestiere.
Morning Bliss, 2023, tecnica mista su tela, 80×103 cm
La sua formazione, d’altronde, racconta molto di questa attitudine. Gli studi di architettura compiuti tra gli Stati Uniti e le facoltà di Genova e Milano gli hanno trasmesso il senso delle proporzioni e la consapevolezza dello spazio. Alla scuola di illustrazione del Castello Sforzesco di Milano ha invece affinato il controllo del segno e la precisione del dettaglio. Poi, l’esperienza professionale nel mondo della pubblicità, in particolare, ma non solo, nel settore prodotti alimentari, gli ha permesso di comprendere a fondo la meccanica della visione e la capacità del colore di trasformare la materia pittorica in un’immagine desiderabile. È lì, infatti, che l’artista ha imparato la grammatica della luce e la strategia della persuasione ottica, un sapere che oggi, traslato in pittura, diventa riflessione lenta, quasi meditativa, sull’atto stesso del guardare.
Gran soffice, 2020, tecnica mista su tela, 240×115 cm
Quando passa all’atto pittorico, Philip Rallo trasforma quella linearità progettuale in un esercizio di armonia visiva, nella quale il colore diventa materia e la forma trova una misura sensibile. L’artista regola la densità dell’impasto, lima gli equilibri tonali, affina i rapporti tra pieni e vuoti fino a raggiungere una coerenza che si percepisce anche nei più minuti dettagli dell’immagine.
I soggetti prediletti da Philip Rallo appartengono, con qualche rara eccezione, all’universo domestico: bicchieri, tazze, posate, tovaglie, ma soprattutto dolci, frutti, latte, marmellata, miele e cioccolato, insomma tutto l’armamentario visivo di un’ideale colazione italiana o di un goloso spuntino pomeridiano, trattati come immagini attraenti. Frollini, croissant, tavolette di cioccolato e poi spicchi di panettone, croccanti da colazione con burro e miele, fette di pane con marmellata o crema di nocciole sono soggetti osservati con la pazienza di chi vuole non solo capirne la consistenza ottica e tattile, ma anche metterne alla prova la capacità seduttiva, quello che nel gergo pubblicitario si chiama appetizing, ossia la capacità del messaggio, sia esso visivo o testuale, di rendere un prodotto alimentare appetibile, invitante per suscitare nel potenziale cliente il desiderio di acquisto e di consumo immediato.
Doppiamente buono, 2022, tecnica mista su tela, 110×130 cm
Guardando i suoi lavori si riconoscono i riferimenti che Philip Rallo assimila senza ostentazione, come parte di una genealogia consapevole. Dalla Pop Art americana, per esempio, ricava la coscienza della cultura visiva contemporanea, la consapevolezza che l’immagine commerciale fa parte del nostro quotidiano e che il mondo del consumo ha generato un repertorio estetico comune. Si pensi, ad esempio, a lavori come Sandwich and Soda di Roy Lichtenstein (1964), White Bread di James Rosenquist (1964), oppure ai molteplici dolci dipinti da Wayne Thiebaud e alle monumentali fette di torta di Claes Oldenburg (Floor Cake, 1962). Con l’Iperrealismo, invece, ha in comune l’ossessione per il dettaglio, la definizione delle forme e la pulizia del segno, non, però, la freddezza fotografica, sostituita da un approccio squisitamente pittorico, visibile soprattutto nelle trame di tovaglie e canovacci. In alcune opere si avverte perfino una sintonia con i modi della pittura di Domenico Gnoli nella minuzia dei particolari, trattati come elementi quasi autonomi dell’immagine. Infine, il piacere con cui delinea schemi e motivi decorativi delle stoffe e dei tessuti su cui apparecchia le sue gustose still life fanno pensare a certa Pattern Painting americana o ad artisti Neo Geo come Peter Schuyff.
The Healthy Choice, 2022, olio su tela, 95×100 cm
Nella pittura di Philip Rallo è infine inevitabile riconoscere anche l’influsso della Metafisica, evidente nell’equilibrio della composizione e nell’attenzione con cui l’artista scandisce gli oggetti nello spazio. Questo patrimonio genetico si traduce in un principio costruttivo fondato sulla limpidezza formale, sulla precisione delle proporzioni e sulla sapiente distribuzione della luce che definisce con esattezza ogni dettaglio. Da questa impostazione deriva la sensazione di estrema compostezza, in cui ogni elemento dell’immagine sembra occupare il proprio posto naturale. È, però, un rigore formale che non crea un’atmosfera algida. Semmai acuisce la nitidezza delle figure, restituendo alle cose la loro piena e fragrante evidenza.
Dolce in un modo pazzesco, 2022, olio su tela, 110×97 cm
Nonostante l’estrema leggibilità della pittura di Rallo, nella sua opera non tutto si trova sulla superficie. Per lui vale, infatti, quel che scrive Riccardo Dottori a proposito dell’arte di De Chirico, cioè che “le forme sono l’espressione del significato a cui rinviano, ma il significato è sempre qualcosa di più dell’espressione: un invisibile presente nel visibile perché quest’ultimo possa essere visto e compreso”[2]. Sebbene sia vero, infatti, che nella memoria visiva dell’artista riaffiora, com’è ovvio, il linguaggio della pubblicità italiana degli anni Settanta e Ottanta, con le sue luci uniformi e le sue composizioni equilibrate, è altrettanto evidente che le iconografie di Rallo, nate, in origine, per sedurre il consumatore, trovano nella sua pittura un tempo nuovo, più lento e meditativo. Ciò che era pensato per durare il tempo di una campagna pubblicitaria acquista spessore e consistenza. Le immagini commerciali, nate per una fruizione rapida, perfino distratta, diventano forme pittoricamente strutturate, formalizzate in uno stile riconoscibile, ma senza alcuna intenzione nostalgica. L’artista le riporta appunto alla lentezza della pratica pittorica e a un tempo di osservazione che carica le cose di nuovi significati.
La sana abitudine 2, 2023, tecnica mista su tela, 128×115 cm
E a pensarci bene, anche solo vedere quelle immagini affrancate dall’abituale palinsesto visivo che le accompagna nelle confezioni dei prodotti alimentari, produce un effetto straniante, quasi liberatorio. Senza il contesto narrativo, gli elementi simbolici del marchio, le scritte secondarie, lo stile del lettering che caratterizzano il packaging degli alimenti industriali, infatti, le immagini riacquistano una sorta di originaria innocenza, tornano ad essere semplicemente forme dipinte, pittura pura. Allora, in questo senso, l’arte di Philip Rallo può diventare un viatico contro la dissipazione dello sguardo, una testimonianza di come la pittura sia una pratica capace di trasformare la visione in un atto consapevole, ricordandoci che vedere è, prima di tutto, un altro modo di pensare.
La dolce bontà, 2021, tecnica mista su tela, 95×150 cm
[1] Peter Sager, Le nuove forme del realismo, 1976, Gabriele Mazzotta editore, Milano, p. 9.
[2] Riccardo Dottori, Giorgio De Chirico. Immagini metafisiche, 1976, La Nave di Teseo, Milano, p. 31.
All’evento la Galleria partecipa con lo stand personale dedicato all’artista Philip Rallo, dove verrà esposta una selezione delle sue opere più recenti.
Una tira l’altra, 2023, tecnica mista su tela, 100×140 cm


























